Medicina sportiva, in Sicilia regna il caos

SAREBBE INTERESSANTE CAPIRE QUANTI CENTRI OPERANO NELLA NOSTRA REGIONE NEL RISPETTO DELLA LEGGE. DI UNA LEGGE CHE NON E’ MAI STATA APPLICATA DAGLI ULTIMI QUATTRO GOVERNI REGIONALI

Nel precedente servizio abbiamo riportato il quadro normativo che presiede alla medicina sportiva in Sicilia ed abbiamo ricavato che dopo ben 14 anni – diconsi q-u-a-t-t-o-r-d-i-c-i-a-n-n-i – il governo della Regione non è riuscito a trovare un’ora di tempo per approvare il regolamento prescritto dalla legge regionale n. 36 del 2000, al quale sono demandate le disposizioni operative.

Abbiamo ricordato che i governi che nel frattempo si sono succeduti sono stati quelli di Salvatore Cuffaro e di Raffaele Lombardo, nonché quello in carica ormai da due anni di Rosario Crocetta.

Anche se, in verità, il governo che avrebbe dovuto occuparsene, entro i novanta giorni previsti dalla legge, era quello di Vincenzo Leanza in carica tra il 2000 ed il 2001.

Perché chiamiamo in causa il governo regionale? Per la ragione che i regolamenti attuativi sono approvati dalla Giunta regionale su proposta dell’assessore competente ed esitati con firma del presidente della Regione. Quindi è la Giunta nel suo complesso che deve approvare il regolamento al quale l’operatività della legge è strettamente legata.

Questa premessa era doverosa per capire nella totale chiarezza su chi ricade la responsabilità della giungla nella quale operano gli sportivi in Sicilia, i cui praticanti, agonistici, amatoriali, ludico-sportivi e ricreativi sono centinaia di migliaia sui campetti, negli stadi o nelle palestre di tutta l’Isola. Una giungla nella quale, come si suol dire: cu po fari fa, tradotto: ci si arrangia in qualche maniera. E ad arrangiarsi sono in tanti ed in tanti modi diversi.

In verità, un dispositivo parziale, destinato a fissare i requisiti dei centri di medicina sportiva e degli operatori abilitati all’esercizio dell’attività sanitarie all’interno di tali strutture, è stato emanato il 20 marzo 2012 a cura dell’assessore del tempo, Massimo Russo. Anche se emesso con un ritardo di ben 12 anni. Ma è già qualcosa. Quanto meno c’è stato un governante che ha preso atto dell’esistenza di questo settore.

In questo dispositivo sono stabiliti i “requisiti strutturali, di personale ed attrezzature dei centri di medicina sportiva per il riconoscimento della loro capacità ai fini dell’autorizzazione sanitaria al rilascio della certificazione dell’idoneità sportiva agonistica”. I requisiti minimi strutturali riguardano i locali, il personale e l’organizzazione del servizio e la dotazione strumentale.

Relativamente ai locali è stabilito che debbono essere utilizzati ad “esclusivo uso per la medicina sportiva e non possono essere adibiti ad altre attività, anche sanitarie”; agli stessi standard devono attenersi anche i locali destinati alle stesse funzioni esistenti all’interno delle palestre, degli stadi e impianti sportivi in genere.

Con riferimento al personale medico operante presso il centro di medicina sportiva, questo deve essere o il direttore sanitario del centro, o personale medico specializzato in medicina dello sport. Cioè medici che abbiano conseguito la specializzazione attraverso l’apposito corso triennale post laurea, ovvero medici in possesso dell’attestato previsto da una vecchia legge, la 1099 del 1971.

Inoltre, devono essere individuati nominalmente i consulenti nelle seguenti specialità: cardiologia, otorinolaringoiatria, oculistica, neurologia e ortopedia. Deve essere presente anche personale di segreteria e personale paramedico

E’ inoltre previsto che il centro deve funzionare almeno per dodici ore settimanali di cui almeno un terzo nelle ore pomeridiane. E durante le ore di apertura debbono essere stabilmente presenti almeno un medico specialista in medicina sportiva ed un cardiologo.

Per quanto riguarda le attrezzature in dotazione al centro medico-sportivo, debbono soddisfare “le norme di igiene e sanità pubblica, di prevenzione incendi, d’infortunistica, di accessori per i portatori di handicap, di protezione dal contagio professionale da agenti infettivi”.

Il centro deve essere altresì corredato da numerosi strumenti medici che, solo per citarne alcuni, vanno dalla bilancia pesa-persone ai farmaci di emergenza, dall’elettrocardiografo allo spirografo, dall’attrezzatura per l’esame delle urine all’elettrocardiografo e al defibrillatore automatico, dalla tavola ottotipica all’audiometro e via continuando. Complessivamente, almeno una ventina di strumenti medicali.

Va da sé che attrezzare un luogo sanitario privato ad esclusiva finalità di medicina sportiva comporta dei costi ragguardevoli per locale, personale addetto e attrezzature. Investimenti che forse potrebbero trovare riscontro nella richiesta delle grandi città metropolitane, ribadiamo: forse. Nei piccoli o medi centri urbani è assai improbabile che qualcuno operi investimenti di tale entità per una potenziale utenza assai ridotta.

Ne deriva che l’esercizio dell’attività di medicina sportiva trova scarsa diffusione e poca pratica attuazione. Spesso ci si arrangia con la visita degli specialisti ai campetti locali o delle periferie urbane e lì si ‘certifica’ all’istante l’idoneità fisica degli atleti. Nei campetti e nelle palestre spesso accomodate non esiste nemmeno un buco che possa essere destinato ad infermeria. In certi casi non vi sono nemmeno le docce.

Né si ha notizia che le Asp, le Aziende sanitarie provinciali abbiano svolto in questa direzione la necessaria campagna di verifiche sulla osservanza da parte delle società e gruppi sportivi della pratica della medicina sportiva e sulla tenuta dei libretti sanitari degli atleti praticanti lo sport agonistico, amatoriale o ricreativo.

A tal proposito, nella primavera appena scorsa, il dottore Gennaro La Delfa, presidente regionale della Federazione Medico Sportiva Italiana, che ha sede a Catania, ha scritto una lettera all’assessore regionale alla Sanità, Lucia Borsellino, per chiedere in primo luogo “qual è lo stato attuale dell’iter procedurale che porterà alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del regolamento sanitario” ed in seconda battuta se “i Comuni e le Asp, in atto, possono rilasciare autorizzazioni sanitarie specifiche sull’apertura di studi o ambulatori di Medicina dello sport privati, in quanto sfornite di riferimenti regionali di legge come il regolamento sanitario sulla Medicina dello sport”. Richiesta a tutt’oggi inevasa.

Concludiamo riprendendo l’argomento di cronaca con il quale abbiamo iniziato questa breve inchiesta: il processo penale a carico del dottore Giuseppe Francavilla più uno. Stando a quello che è venuto fuori, sembrerebbe che l’inchiesta avviata dalla Polizia sia molto ben documentata dalla testimonianza degli utenti del servizio erogato dallo studio del dottor Francavilla.

Sembrerebbe che ci sia stato uno scambio di persona nella gestione di questo studio medico. Cosa, questa, che dovrà essere verificata in sede processuale.

Su questo presunto falso è imperniato il processo e, laddove questo processo sarà portato a conclusione, conosceremo se il falso c’è stato o no.

Foto tratta da clinicasangaudenzio.com 

Riccardo Gueci

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