Mazara del Vallo – Ci risiamo con i sequestri di natanti italiani. Questa volta il tracciato del punto nave, grazie al blue box operativo, evidenzia in maniera inconfutabile che il motopesca mazarese Flori si trovava in acque internazionali. Ed allora cominciamo col dire che non convince più questa prassi. In buona sostanza, non siamo più convinti che i sequestri perpetrati dalle autorità militari o pseudo tali tunisine o libiche possano trovare una giustificazione in un sconfinamento.
Prima di affrontare lo spinoso argomento, riportiamo alcune testimonianze sull’accaduto. Cominciamo col dire che a bordo del peschereccio si trovano nove marittimi, quattro italiani e cinque di nazionalità tunisina. Il natante è di proprietà della società armatrice Egeo pesca srl. Abbiamo raggiunto telefonicamente l’armatore, Simone Ingargiola, che ci ha manifestato la grande preoccupazione per via di un sequestro anomalo. Lo stesso ha tenuto a sottolinearne i motivi.
“Intanto – dice – perché il natante si trovava a 35 miglia a Sud di Lampedusa, in acque internazionali, e poi perché l’equipaggio è stato avvicinato da una vedetta della dogana tunisina, un piccolo battello in vetroresina che più di un sospetto ha lasciato al Comandante del ‘Flori’, Vincenzo Barracco”.
Adesso comincia il conto alla rovescia per il dissequestro. Preoccupazione ha mostrato Ingargiola per via del fine settimana dove non si muoverà nulla fino almeno al prossimo lunedì, anche se l’equipaggio, che è stato scortato fino al porto di Sfax, sta bene ed è stato autorizzato a restare sul motopesca, almeno per il momento. E allora è il caso di cominciare a chiamare le cose con il loro vero nome.
In tempo di crisi ognuno s’inventa qualcosa per sopravvivere. E questo può essere comprensibile. Ciò che non è accettabile è che quello dei continui ed ingiustificati sequestri di motopesca mazaresi appaia sempre più un affare economico organizzato da gruppi armati fuori controllo.
Con ogni probabilità, siamo di fronte a moderne forme di pirateria. Cominciano ad emergere forti sospetti che i militari, protagonisti delle scorribande in mare, appartengano a gruppi contrapposti alla guardia nazionale tunisina.
Se si pensa poi all’attuale quadro politico libico, per esempio, emerge la sensazione che vi sia in atto uno scontro tra bande non allineate al governo che si contendono sequestri e migrazioni. (a sinistra, foto tratta da news.liberoreporter.eu)
Ne è un esempio il motopesca “Daniela L.”, tenuto dagli inizi di ottobre sotto sequestro a Bengasi. Ed a pagare sono sempre e solo gli imprenditori ed i pescatori mazaresi. Uomini dediti al sacrificio ed al rischio d’impresa, impavidi nell’affrontare l’alea del mare, ed oggi schiacciati da uno scontro impari contro un muro invalicabile.
Ciò che più fa specie è che la Commissione Europea ed i vertici della pesca comunitari sono sordi ed assenti. Una guerra del pesce che, pur se risale agli inizi degli anni ’60 el secolo passato, da circa un decennio si è trasformata in una guerra tra poveri. Un sistema illecito e piratesco, quello che appare delinearsi da qualche tempo a questa parte. Problemi irrisolti che rischiano di estinguere una storica capacità imprenditoriale che affonda le basi nel secondo dopo guerra, allorquando i primi pionieri mazaresi a removelica inziarono a solcare i mari. E fa rabbia che i governi non abbia mai mostrato i muscoli rispetto a questa pratica insopportabile.
A tenere in vita la speranza di una definizione del contenzioso ultracinquantenario è il Distretto produttivo della Pesca di Mazara del Vallo. La capacità ed il coraggio dei privati organizzati che, con enormi sforzi, mirano a tutelare gli interessi economici legittimi. Abbiamo avvicinato il presidente del Distretto, Giovanni Tumbiolo (foto a desta), al quale abbiamo chiesto di fare il punto su questo ennesimo sequestro avvenuto intorno alle 16,00 del 7 dicembre scorso.
“Appresa la notizia dell’ennesimo sequestro – ci dice Tumbiolo – ho attivato il canale istituzionale, contattando il Sottosegretario tunisino alla pesca, Sahel. Così come ho preso immediatamente contatto con l’Ambasciatore italiano a Tunisi, Benassi”. Ambasciatore, tiene a precisare il presidente del Distretto, che sta seguendo personalmente, la delicata vicenda ed è già intervenuto presso il ministro della Difesa e le autorità competenti. Si resta fiduciosi, ha sottolineato Tumbiolo, per una rapida soluzione della vicenda.
Intanto la prima marineria d’Italia, quella mazarese, si sente sempre più sola e lontana da Roma e dalle istituzioni nazionali, regionali e locali.
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