Matteo Renzi ridimensiona sconfitta e attacca M5s «Pd ha i voti del 2012, loro giù rispetto a Politiche»

Diversamente sconfitti. All’indomani della vittoria di Nello Musumeci alle Regionali, negli altri partiti è iniziato il processo di metabolizzazione della delusione. Che in politica significa spesso aggrapparsi ai se e ai ma, nella speranza di scoprire una prospettiva dalla quale quanto accaduto appaia non bello, ma quantomeno il meno brutto possibile. E così se ieri il Movimento 5 stelle – giunto secondo, ma con un distacco maggiore a quanto previsto da sondaggi ed exit poll, e soprattutto a dispetto di quanto profondamente sperato da Cancelleri e compagni – ha rivendicato l’ampliamento del consenso in Sicilia, con quasi il doppio dei voti rispetto al 2012, oggi tocca a Matteo Renzi mettere le mani nella sconfitta del Pd. Ovvero il partito che più di ogni altro è uscito dalla competizione con le ossa rotte, con Fabrizio Micari da subito lasciato solo con la sua sfida gentile. Con il rettore di Palermo che, settimana dopo settimana, ha perso per strada ogni verve finendo per incarnare la calma della rassegnazione.

Il segretario democratico non nega la sconfitta ma rifiuta di ammettere la debacle. «Il Pd ha perso pur avendo mantenuto gli stessi voti delle Regionali del 2012 – dichiara Renzi -. Rispetto alle Politiche la coalizione di Bersani nel 2013 prese 21,4%, quella di Micari il 25,2%. Dunque noi, pur avendo perso, siamo cresciuti rispetto al 2013». L’ex premier, da molti indicato come colui che potrebbe pagare il dazio maggiore, sposta avanti lo sguardo verso la prossima primavera quando in ballo ci sarà Palazzo Chigi. «Personalmente penso che sia arrivato il momento di cominciare la campagna elettorale. Da un lato – continua – c’è Berlusconi, dall’altro Grillo: due schieramenti pieni di estremisti e populisti. Noi siamo nel mezzo. Tiriamo fuori le migliori idee e i migliori candidati. E poi scelgano i cittadini. Basta chiacchierarsi addosso. Con la direzione nazionale del 13 novembre si inizia la campagna elettorale, altrimenti facciamo il gioco degli avversari».

Sulla vittoria di Musumeci, ottenuta anche con il sostegno dei cosiddetti impresentabili, Renzi cita il successo di Luigi Genovese, il figlio dell’ex parlamentare condannato a undici anni per la frode nel mondo della Formazione e passato dal Pd a Forza Italia. «Sono molto fiero che ci siamo liberati di qualche personaggio che nel 2013 stava con noi. Per esempio Francantonio Genovese. Quando è uscito dal carcere ha lasciato il Pd in polemica con la mia decisione di votare a favore dell’arresto in aula e si è iscritto a Forza Italia. A Messina – ricorda – Genovese, per il tramite del figlio, ha portato a Forza Italia 17mila voti. Ma io preferisco guidare il partito che candida il figlio di La Torre anziché il figlio di Genovese. Anche se magari qualche volta si perde».

L’attacco più forte però è riservato ai cinquestelle. Ieri Renzi ha dovuto subire da Luigi Di Maio lo smacco dell’annullamento del confronto televisivo su La7, in quanto – a detta del candidato premier del M5s – il segretario dem ormai non avrebbe più la leadership del centrosinistra. «Tutti noi abbiamo avuto un Di Maio compagno di scuola – replica Renzi -. Uno di quelli che ti provocava nell’intervallo dicendo: “Vieni fuori, che ti faccio vedere io”. Poi tu uscivi fuori e lui non c’era». 

Dal punto di vista politico, l’ex premier prova a ridimensionare la soddisfazione dei pentastellati che, nonostante la sconfitta, hanno dichiarato di volere fare partire dalla Sicilia l’onda lunga che potrebbe portarli al governo del Paese. «Tutti i commenti che leggete sui giornali e vedete in tv sono preparati da tempo – attacca Renzi -. Il M5s aveva preso alle Politiche del 2013 in Sicilia il 33% e a livello nazionale il 25%. La Sicilia era stata il loro bacino di voti più forte. Erano andati meglio che altrove. Oggi – sottolinea il segretario dem – hanno preso il 26% in Sicilia, dunque hanno perso sette punti percentuali su base regionale». Renzi conclude la riflessione ricordando lo sforzo fatto dai big nazionali del partito di Grillo. «Di Maio e Di Battista hanno passato quattro mesi in Sicilia, Grillo ha detto che era l’ultima spiaggia, hanno speso centinaia di migliaia di euro in questa campagna – conclude -. Eppure in TV raccontano di aver vinto. Ecco perché scappano dal confronto».

Simone Olivelli

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