I consulenti tecnici nominati dalla difesa del 45enne bracciante agricolo e vivaista marsalese Nicolò Girgenti, arrestato il 22 giugno 2016 per l’omicidio del maresciallo dei carabinieri Silvio Mirarchi, contestano e provano a smontare le conclusioni del Ris di Messina che hanno portato all’arresto del presunto assassino. E sulla base dei risultati delle consulenze di parte, adesso, l’avvocato difensore Vincenzo Forti ha chiesto al gip Annalisa Amato di disporre la scarcerazione (o comunque, in subordine, una misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari) per Girgenti.
Il sottufficiale fu ferito a morte, con un colpo di pistola, la sera del 31 maggio, nelle campagne di contrada Ventrischi, mentre con un altro carabiniere era impegnato in un appostamento nei pressi di una serra all’interno della quale furono, poi, scoperte seimila piante di canapa afgana. Sette sarebbero stati, in tutto, i colpi di pistola esplosi contro i due militari non appena questi, qualificandosi, hanno imposto l’alt a persone che si muovevano nel buio nell’area incolta di fronte le serre e che parlavano, pare, in siciliano.
Si scoprirà, poi, che questi (almeno due) stavano portando via piante di marijuana, per gli inquirenti, le avevano appena rubate. L’avvocato Forti spiega di aver chiesto la scarcerazione del suo cliente (il gip si pronuncerà nei prossimi giorni) sulla base delle relazioni redatte dal perito chimico-forense e dell’ingegnere elettronico nominati dal legale come suoi consulenti. Il primo è quello che ha analizzato i campioni di concimi, fertilizzanti e torba fertilizzata prelevati dai carabinieri, su richiesta della difesa, nell’abitazione del Girgenti e nei quali, sottolinea sempre la difesa, si trovano quegli elementi (nichel e nichel-rame) che sono anche nelle polveri da sparo.
«I carabinieri – afferma Forti – dicono che hanno trovato tracce di nichel e nichel-rame, ma non sono particelle ternarie, ma indicative. E indicative vuol dire che sono compatibili con una qualunque attività umana normalmente svolta, come ad esempio quella di vivaista del Girgenti, che comporta il contatto con sostanze dove ci sono anche nichel e rame. Se gli investigatori avessero trovato particelle ternarie o binarie, il significato sarebbe diverso. Il nostro perito ci dice che il numero di particelle ternarie, quindi quelle riconducibili all’uso di armi da fuoco, per numero e posizione in cui sono state trovate, sono incompatibili con l’uso di armi da fuoco, ma compatibili con la contaminazione ambientale. Insomma, secondo il perito chimico-forense, le conclusioni del Ris non sono appaganti né sotto il profilo logico, che scientifico».
Per l’ingegnere elettronico, invece, la scatola nera dell’auto con cui, secondo i carabinieri, Girgenti sarebbe fuggito dopo l’omicidio non è un gps, ma un semplice gsm, che aggancia le celle con i ripetitori dei telefonini, e avrebbe, sempre secondo il consulente della difesa, ampi margini di errore. Sia per quanto riguarda la posizione (fino a due chilometri), che il timing (fino a tre minuti). «Tutti gli elementi indiziari alla base dell’arresto di Girgenti – conclude l’avvocato Forti – sono stati smontati dai nostri periti. Mi auguro di non trovarmi di fronte a un secondo caso Gulotta».
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