«Presidente, perché è finito tutto così? Chi è cresciuto a pane e celtica dove deve rivolgere lo sguardo?». Manlio Messina, consigliere comunale di Catania, scrive così a Francesco Storace, ex presidente della Regione Lazio e storico politico di destra, in uno scambio sul social network Twitter la vigilia di Ferragosto. I due discutono di immigrazione e della polemica scoppiata tra il segretario della Cei Nunzio Galantino – che accusava il governo di essere assente sul tema – e il ministro dell’Interno Angelino Alfano. «Alfano dice che lui e monsignor Galatino fanno due mestieri diversi. Ma nessuno dei due fa quello giusto», scrive Storace. Alla risposta di Messina, con un tweet dai toni nostalgici sull’educazione di estrema destra e le prospettive attuali e future, l’ex senatore ribatte: «Non me lo dire, sono arrabbiatissimo».
I due protagonisti della storia sono entrambi politici, uno locale e uno nazionale. Manlio Messina, classe 1973, più volte consigliere comunale e prima ancora di quartiere, aderisce ad Alleanza nazionale – di cui diventa dirigente provinciale – per poi confluire nel Pdl di Silvio Berlusconi, fino al suo scioglimento. A quel punto decide di fondare il movimento Area Popolare che prende le distanze dal Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. Francesco Storace, classe 1959, milita nel Movimento sociale italiano prima e in Alleanza nazionale poi. Deputato nazionale e senatore, ex ministro, diventa anche presidente e poi vicepresidente della Regione Lazio. Aderisce a Forza Italia, dopo aver fondato il partito La Destra in netto dissenso con le posizioni di Gianfranco Fini, giudicate troppo morbide. Tra le frasi più note rimproverate da Storace all’ex leader di An c’è anche quella sul «fascismo come male assoluto».
A fare da sfondo alla conversazione tra i due è la cultura di estrema destra che Messina sintetizza in «pane e celtica». Il riferimento è alla croce celtica, simbolo reso noto in politica dal movimento europeista la Giovane Europa. Ma già apparso come logo tattico riportato su alcuni mezzi militari tedeschi durante la seconda guerra mondiale. In Italia, a partire dagli Settanta, viene utilizzata soprattutto dai giovani del Msi che mettono da parte la simbologia fascista degli adulti. Una carica di modernità che presto si svuota, per vedere tornare i busti del duce accanto al simbolo che raffigura un cerchio con dentro una croce greca.
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