«Tu non devi uscire di casa altrimenti ti ammazzo». È questa una delle frasi che il 48enne D.D., roso da una gelosia morbosa, ha rivolto alla moglie. Condotte vessatorie, schiaffi, calci e pugni fino ad arrivare a sputare addosso alla vittima. Gesti commessi il più delle volte anche in presenza dei cinque figli, quattro dei quali ancora minorenni. Una la vita matrimoniale, e specie dal 2009 a oggi in modo permanente, disseminata da condotte vessatorie e violenze tanto da fare patire alla donna una vera e propria via crucis.
L’uomo è indagato per reati di maltrattamenti contro familiari e lesioni personali aggravate nei danni della moglie. La procura distrettuale della Repubblica ha richiesto ottenuto per il 48enne gli arresti domiciliari eseguiti dai carabinieri della stazione di Catania Librino.
Le indagini, coordinate dal pool di magistrati qualificati sui reati che riguardano la violenza di
genere, hanno evidenziato una serie di eventi di violenza subiti dalla vittima durante la convivenza familiare. Condotte vessatorie nei confronti della vittima, apostrofata quotidianamente con epiteti
irripetibili e minacciata con frasi del tipo: «tu non devi uscire di casa altrimenti ti ammazzo».
Gesti commessi spesso anche davanti ai cinque figli, di cui quattro minorenni, che pur non
subendo violenza fisica accorrevano in difesa della madre. Ragazzi cresciuti in un clima familiare distorto che ha minato le loro fragili personalità, come confermato dalla testimonianza della figlia maggiorenne che agli inquirenti ha sottolineato
come il genitore, pur lavorando regolarmente, fosse affetto da una forma di ludopatia che gli faceva
spendere la maggior parte del denaro in scommesse e sfogare la propria frustrazione, per non aver
vinto al gioco, sulla madre.
La donna, esasperata e consapevole di dover proteggere se stessa e i figli, ha trovato la forza di reagire denunciando il coniuge ai carabinieri e
fornendo agli inquirenti tutti gli elementi necessari a configurare un quadro probatorio a carico
dell’indagato che non ha lasciato alcun dubbio al giudice che, accogliendo la richiesta della procura, ha emesso la misura restrittiva.
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