Malanova, la storia di Anna Maria Denuncia gli stupratori, costretta a fuggire

Malanova. La cattiva notizia. È quella che raggiunge il piccolo paese di San Martino di Taurianova quando una ragazza di quindici anni decide di denunciare due lunghissimi anni di violenze sessuali e psicologiche.

Anna Maria Scarfò aveva solo tredici anni quando il ragazzo di cui si era invaghita l’ha portata in campagna per violentarla. A lui si sono aggiunti altri undici uomini, che per due anni stuprano la ragazzina fino al giorno in cui le chiedono di portare loro anche la sorellina. Una nuova vittima di una schiavitù fatta di vergogna, paura e silenzio. Tutto questo si scioglie come neve al sole nel momento in cui Anna Maria capisce quello che dovrà subire un’altra vittima innocente. Un dolore più forte, questo insostenibile, s’impossessa della ragazza che decide di denunciare quelle dodici belve.

Malanova. Così viene commentata la notizia nel piccolo paese di duemila anime in provincia di Reggio Calabria. Invece di stringersi attorno a quella piccola donna che da sola ha vissuto anni d’inferno, i suoi concittadini, i suoi vicini di casa, gli amici le voltano le spalle. Malanova. Se la sarà cercata. Malanova. La colpa sarà sicuramente sua. Malanova. Anna Maria se ne deve andare.

Anna Maria, in effetti, abbandona la sua terra e la sua famiglia, anche la piccola sorellina alla quale ha salvato la vita. Dopo otto anni di sussurri alle sue spalle, da due vive in una località segreta, protetta da una scorta. Ma non si è fermata. Ha raccontato la sua storia in un libro, Malanova – appunto – scritto con Cristina Zagaria.

Sono passati dieci anni dal giorno in cui ha deciso di ribellarsi e sei dei suoi stupratori sono stati condannati con sentenza definitiva. Decine di uomini sono stati segnalati per stalking nei suoi confronti. Per gli altri sei è in corso il procedimento d’appello – in primo grado sono stati condannati – e lunedì 20 si terrà una nuova udienza del processo.

Per mostrarle solidarietà in maniera tangibile, alcune associazioni hanno lanciato un iniziativa: sedersi fisicamente accanto ad Anna Maria in tribunale. Sono varie le associazioni che hanno aderito alla proposta: l’associazione antimafie Rita Atria, la fondazione Giovanni Filianoti, Le Siciliane – Casablanca, Libera Reggio Calabria, i comitati Se non ora quando? di Reggio Calabria e Tirreno-Salentino-Pollino, le autrici di Non è un paese per donne, l’associazione Jineca, Stopndrangheta.it e il movimento Città Aperta di Barcellona Pozzo di Gotto.

Il loro intento è semplice: accompagnarla al cospetto del giudice, far capire ai suoi aguzzini e a chi li sostiene che la sua non è una decisione sbagliata. Che il corpo di una donna – di qualsiasi età – non è a disposizione di nessuno.

 

[Foto di r0bbit]

Carmen Valisano

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