Mafia-Stato: e se al telefono, con Mancino, ci fosse stato Berlusconi?

Ieri, a proposito delle indagini della magistratura sulla trattativa – o sulle trattative – tra Stato e mafia, abbiamo ricordato che non è la prima volta che i magistrati che indagano sui rapporti tra politica e onorata società vengono isolati, se non messi a tacere per sempre. E’ successo alla fine degli anni ‘60 del secolo passato. Una scena che si è ripetuta negli anni successivi, fino ad arrivare alle stragi del 1992. E succede in questi giorni. 

Oggi vorremmo sviluppare un’ipotesi e approfondire gli effetti della trattativa – o delle trattative – tra Stato e mafia.

Oggi – questa è ormai cronaca – ci misuriamo con le dichiarazioni dell’ex ministro, Nicola Mancino. O meglio, delle telefonare di quest’ultimo con uomini importanti del Quirinale e con lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Notiamo che, con la sola eccezione de Il Fatto quotidiano, nessuno torna sulla trattativa – o sulle trattative – tra Stato e mafia. E’ come se, improvvisamente, l’ex ministro Mancino non avesse svolto una parte centrale nel nostro Paese nell’ormai lontano 1992. E, ancora, è come se non fosse in corso – tanto per citare un altro esempio – il processo al generale dei Carabinieri, Mario Mori, che forse qualche rapporto con Vito Ciancimino lo ha intrattenuto.

Quasi tutta la politica – e quasi tutto ciò che ruota attorno alla politica italiana – si è schierata in difesa del Presidente Napolitano. Spiegando e ribadendo che il capo dello Stato non si sognava nemmeno di intralciare le indagini giudiziarie in corso sulla trattativa – o sulle trattative – tra Stato e mafia.

Tutto giusto. Tutto legittimo. In democrazia ognuno è libero di pensarla come crede. Ciò posto, però, vorremmo porre una domanda: cosa sarebbe successo che al posto di Napolitano, al telefono con Mancino, ci fosse stato Silvio Berlusconi? Siamo sicuri che tutte le istituzioni, quasi tutti gli ‘intellettuali’, tutti i politici di lungo corso e – naturalmente – una certa sinistra, Pd in testa – si sarebbero schierati in difesa di Berlusconi e contro la magistratura di Palermo?

Il tema che intendiamo porre con questa domanda è semplice. E si sintetizza in un ulteriore interrogativo: in Italia il ‘male’ esiste come ‘cosa in sé’, oppure il giudizio morale su un atto sbagliato, se non riprorevole, muta al mutare di chi lo commette?

E ancora: certe frasi ingiuriose rivolte ai magistrati del Tribunale di Palermo che indagano sulla trattativa – o sulle trattative – tra Stato e mafia non somigliano tanto alle parole, non certo gentili, che Berlusconi indirizzava ai magistrati che indagavano su di lui? E perché quando ad offendere i magistrati era Berlusconi la solidarietà verso gli stessi pubblici ministeri era ampia, mentre oggi che ad offendre i magistrati sono ‘altri’ si tende ad isolarli?

Altro tema: la revoca di centinaia di 41 bis. Per carità, noi non siamo bravi come i protagonisti della grande politica del nostro Paese, né possiamo vantare grandi competenze meta-giuridiche: tant’è vero che non siamo mai stati chiamati a svolgere il ruolo di consulenti presso il Quirinale o presso il Viminale. Però, avendo passato i cinquant’anni, e ricordando perfettemante il dibattito -piuttosto acceso – sul 41 bis, ricordiamo benissimo che questo regime carceriario comminato ai mafiosi non consisteva soltanto nell’eliminare il cinema e la pasta alla carbonare ai mafiosi.

Se non ricordiamo male, il 41 bis viene pensato perché qualcuno pensa che i mafiosi, in regime di carcere ordinario, continuano a comandare, a impartire ordini ai propri affiliati fuori dalle sbarre e, persino, a commissionare omicidi. Dunque, il 41 bis è stato pensato come una legge dello Stato di diritto per impedire ai mafiosi di continuare a compiere delitti e, in generale, atti efferati.

E’ evidente che quando il Governo italiano di quegli anni decide di revocare il 41 bis lo fa con la consapevolezza che questi mafiosi, una volta liberati dal regime carcerario duro, avrebbero avuto la possibilità di tornare a comandare, quindi a impartire ordini ai propri affiliati che si trovavano fuori dalle sbarre e, perché no?, anche a commissionare omicidi.

Ci chiediamo: chi ha revocato ai mafiosi il 41 bis sapeva tutto questo? E il fatto che la decisione di revocare il carcere duro ai mafiosi sia stata adottata dallo Stato fa venire meno la responsabilità? 

Foto di prima pagina tratta dainternetepolitica.blogosfere.it

Sopra, fito del pm Antonio Ingroia tratta da youfeed.it

Giulio Ambrosetti

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