Il principale imputato è latitante e non c’è la prova che abbia ricevuto atti del procedimento in corso a suo carico e, quindi, che ne abbia avuto notizia. È questa la motivazione con cui il gup di Palermo ha sospeso fino al 19 marzo del 2020 l’udienza preliminare a carico del boss di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993.
Prosegue, invece, il procedimento a carico dei 32 coimputati tra cui i cognati del capomafia, Gaspare Como e Rosario Allegra, entrambi in carcere al 41 bis. Oggi nella prima udienza davanti al gup si sono costituiti parte civile sei associazioni antiracket e Pasquale Calamia, ex consigliere comunale del Pd a Castelvetrano, vittima di un attentato mafioso. Il procedimento nasce da una indagine della direzione distrettuale antimafia che ha portato in cella 21 tra boss, gregari, ed estorsori dei clan di Mazara del Vallo e Castelvetrano.
L’inchiesta ha confermato gli interessi della mafia nell’eolico, nella grande distribuzione alimentare e nelle scommesse online. Dall’indagine è emersa, inoltre, la catena di comunicazione del boss latitante che continuerebbe a usare i pizzini. Al contrario di Bernardo Provenzano, però, non li conserverebbe, ma li farebbe distruggere. Gli inquirenti hanno ascoltato in diretta mafiosi leggere gli ordini del boss, sentirono addirittura il fruscio della carta. Ma dei messaggi nessuna traccia.
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