Tre società per gestire uno dei bar più famosi di Catania, l’Etna bar di via Galermo. Dietro tutto però, secondo gli investigatori, ci sarebbe stata la mafia e in particolare la cosca dei Cappello-Bonaccorsi. «Il vero proprietario del’attività commerciale era Cosimo Tudisco», spiega in conferenza stampa Ferdinando Buceti, dirigente della divisione Anticrimine della questura di Catania. Tudisco, pregiudicato che si trova già in carcere, sarebbe un uomo vicino al clan etneo e avrebbe gestito i suoi affari con il tramite di due teste di legno: la compagna Rosaria Lanzafame e un uomo, Agostino Pacifico, a cui gli agenti non sono riusciti a notificare il decreto del tribunale misure di prevenzione.
Entrambi hanno avuto un ruolo nella
World games srl, società nata nel 2011, «appositamente per gestire il bar e con un valore di quasi un milione di euro», precisa il dirigente. Insieme a quest’ultima avrebbero operato la World of cars group (sequestrata per il 50 per cento) e la ditta individuale Rosaria Lanzafame. Dentro la struttura le tre ditte si sarebbero spartite il controllo della pizzeria con sala ricevimenti, la ludoteca e un tabacchi: «Per incassi, secondo i dati dei monopoli di Stato si tratta della rivendita di sigarette che fattura di più nell’intera provincia di Catania», precisa Buceti.
La World games avrebbe pagato un canone di 15mila euro mensili per avere in affitto l’immobile, una quota che aveva come contraltare incassi consistenti. La leva che gli investigatori hanno utilizzato per scardinare il piccolo impero economico di Tudisco è stata la sproporzione tra i redditi dell’uomo e quelli del suo nucleo familiare.
A finire sotto la lente d’ingrandimento della procura di Catania è stato anche Luciano Salanitro, ritenuto un esponente della famiglia mafiosa di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. All’uomo sono stati tolti due appartamenti, un girarrosto a San Cristoforo e il bar Rivombrosa, all’angolo con via Vittoria Emanuele.
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