Mafia, sequestrate società vivaistiche di Vittoria I camion andavano in Olanda per comprare droga

«Stiamo affrontando la mafia come fossimo in un ring, lo Stato è Rocky Balboa». A fare il paragone pugilistico-cinematografico è direttore della Direzione investigativa antimafia di Catania, Renato Panvino, a margine della conferenza stampa sul sequestro del patrimonio di Giovanni Cilia, esponente di spicco del clan Dominante e punto di riferimento per la Stidda nel territorio ragusano. Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Ragusa su richiesta della Procura etnea, arriva in seguito alle indagini che negli anni scorsi hanno portato all’arresto di Cilia e dei figli Rosario ed Emanuele. Sigilli a beni per un valore di oltre 20 milioni di euro.  

I tre, a settembre 2015, furono raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in un’inchiesta della Procura di Roma, con cui si fece luce sul traffico di droga proveniente dall’Olanda. Un asse che, andando verso Sud, avrebbe avuto i propri centri nevralgici a Latina, nel Lazio, in Campania, Calabria – dove un ruolo fondamentale veniva svolto dalla famiglia Crupi, legata alla ‘ndrina dei Commisso – e appunto la Sicilia, con i Cilia che sarebbero entrati nel business grazie ai buoni rapporti con la famiglia ‘ndranghetista. 

Gli stupefacenti – soprattutto cocaina – viaggiavano sui camion adibiti al trasporto dei fiori. Furgoni che sarebbero dovuti arrivare in terra olandese per caricare la produzione vivaistica e che invece partivano pieni del denaro necessario ad acquistare le partite di droga. Per poi fare ritorno e approvvigionare le piazze di spaccio italiane. A finire nel mirino della Dia sono state le società vittoriesi Maxflora, Rogi.Invest, Flora Sicilia, Marben Casa, operanti nel settore florovivaistico ed edilizio, le romane Floranet, Med.Flor e Flore you, e poi ancora un quarto del capitale della Maff srls di Lamezia Terme. Sigilli anche alle ditte individuali Saveria Mazzei, con sede a Roma, e Gianluca Cilia, con sede a Vittoria. Sequestrata, infine, anche la Greenpig di Santa Croce Camerina. 

«A dimostrazione dello spessore criminale di Giovanni Cilia – ha spiegato Panvino – c’è l’appellativo con cui veniva conosciuto all’interno degli ambienti mafiosi. Cilia era per tutti il presidente. Dopo essere stato arrestato negli anni Novanta e condannato in via definitiva, ha agito sottotraccia, facendo gestire le società ai figli Emanuele e Rosario. Parliamo – ha sottolineato il capo della Dia etnea – di soggetti che lavoravano a livello internazionale». L’operazione di oggi riguarda tre parti del Paese. «Dalle prime luci del mattino il personale della Direzione investigativa antimafia sta intervenendo a Roma, a Vittoria e in provincia di Catanzaro, dove c’è – ha tenuto a specificare Panvino – uno dei cartelli mafioso-‘ndranghetistici più potenti». Dalle indagini è poi emerso come la presenza di Cilia sul mercato vittoriese, condizionasse, attraverso l’intimidazione, anche tutto il settore vivaistico con l’imposizione di merci e servizi

La partecipazione di Cilia agli affari si sarebbe esplicata con l’invio due volte a settimana di somme di denaro che finivano nelle casse dei Crupi e successivamente investiti per l’acquisto della droga. I rapporti tra la ‘ndrina e la mafia ipparina sarebbero anche sullo sfondo di un omicidio avvenuto a metà dicembre di tre anni fa. Era il 14 dicembre quando a Vittoria venne assassinato Michele Brandimarte, boss dell’omonima famiglia. Il giorno dopo uno dei presunti killer si costituì. «Si presentò alle forze dell’ordine a Gioia Tauro – commenta Panvino -. Un episodio che accese l’interesse investigativo sui legami che potevano esserci tra il Locride e la provincia di Ragusa». 

Il direttore della Dia etnea si sofferma poi sull’organicità dell’attività condotta nell’ultimo periodo. «Devo ringraziare il personale della Direzione investigativa antimafia che sta operando al meglio grazie anche alla guida illuminata del procuratore capo Carmelo Zuccaro. In poco tempo abbiamo sequestrato alle mafie qualcosa come 70 milioni di euro. Così – conclude Panvino – la lotta alla mafia viene fatta senza dare tregua ai clan, questo è un modello vincente».

Simone Olivelli

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