Cronaca

Mafia Rocca Mezzomonreale, la bambola con il proiettile in fronte per chiedere il pizzo

Una richiesta di pizzo effettuata con una bambola con un proiettile in fronte appoggiata sul cancello di una casa. È solo uno dei dettagli che emerge dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo sulla famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale e che oggi ha portato alla notifica di undici avvisi di conclusione delle indagini. Inquadrata nel mandamento palermitano di Pagliarelli, nella famiglia mafiosa si confermano le storiche figure di vertice già ripetutamente condannate per il reato associativo. Nel corso dell’inchiesta è stata svelata l’esistenza di uomini d’onore riservati rimasti sino a quel momento estranei alle cronache giudiziarie. Pur dimostrando piena adesione al codice mafioso di Cosa nostra, godrebbero di una speciale tutela e verrebbero chiamati in causa soltanto in momenti di particolare criticità dell’associazione.

L’inchiesta ha permesso poi di individuare la presenza di ulteriori figure risultate a completa disposizione del consesso mafioso: il portiere del complesso condominiale nel quale risiedeva uno dei principali esponenti della famiglia mafiosa, che si prodigava per consentire allo stesso di mantenere rapporti riservati con altri uomini d’onore, o il geometra gestore di un’agenzia immobiliare della zona che sfruttava la propria vicinanza con il capofamiglia di Rocca Mezzomonreale per intimorire un cliente rimasto insoddisfatto degli esiti di una compravendita.

Dalle intercettazioni è emersa una conversazione, avvenuta dentro un rudere nella disponibilità della famiglia mafiosa, nella quale veniva ricostruita nel dettaglio un’estorsione, in concorso tra gli esponenti delle famiglie di Pagliarelli e Rocca Mezzomonreale, ai danni del titolare di una sala ricevimenti al confine tra le due articolazioni del mandamento. Diversi gli episodi estortivi ricostruiti – fra cui quello della bambola – e posti in essere per alimentare le casse dell’associazione mediante la richiesta del pizzo o l’imposizione di ditte riconducibili al sodalizio mafioso. Le indagini hanno anche permesso ai carabinieri di scongiurare una vera e propria sentenza di morte emessa, durante una riunione tenutasi in una casa nelle campagne della provincia di Caltanissetta, nei confronti di un architetto ritenuto responsabile di una serie di mancanze nello svolgimento della propria opera professionale.

L’avviso di conclusione indagini per l’operazione Roccaforte che a gennaio aveva portato in carcere sette persone è stato notificato a Antonino Anello (83 anni), Angelo Badagliacca (53 anni), Gioacchino Badagliacca (45 anni), Pietro Badagliacca (79 anni), Giovanni Cancemi (53 anni), Davide Giambanco (43 anni), Angelo Lazzara (59 anni), Silvestre Maniscalco (44 anni), Michele Saitta (71 anni), Pasquale Saitta (68 anni) e Marzo Zappulla (35 anni). Sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e minacce.

Marta Silvestre

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