L’apertura di punti vendita Eurospin fuori provincia permessi grazie agli accordi di Cosa nostra sull’asse Catania-Agrigento. È quanto è emerso da tempo dalle indagini degli inquirenti della Direzione investigativa antimafia agrigentina che stamattina hanno notificato un sequestro di beni per oltre sei milioni e mezzo di euro ai soggetti coinvolti nella vicenda. Destinatari sono Giuseppe Falsone (44 anni), ritenuto il capo di Cosa nostra agrigentina, arrestato nel 2010 in Francia, a Marsiglia, era tra i trenta latitanti più pericolosi; Giovanni Marino (47 anni), imprenditore detenuto perché condannato per riciclaggio aggravato e trasferimento fraudolento di valori; Giuseppe Capizzi (45 anni) detenuto perché accusato di essere un elemento di spicco della famiglia omonima; Ferdinando Bonanno (73 anni) deceduto lo scorso marzo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, referente della Eurospin Sicilia spa con sede a Catania.
Coordinato dalla Procura di Palermo, il lavoro degli inquirenti ha messo in luce le dinamiche impostate da Bonanno per l’espansione fuori dalla provincia etnea. Il referente dell’azienda avrebbe «consapevolmente posto in essere condotte funzionali alla realizzazione degli interessi e delle attività di Cosa nostra, cercando e ottenendo un preventivo contatto con il vertice mafioso della provincia di Agrigento, segnatamente con persone vicine all’allora latitante di Campobello di Licata Giuseppe Falsone, capo di Cosa nostra della provincia di Agrigento». Grazie all’interessamento della consorteria, sarebbe stata possibile «l’apertura di nuovi punti vendita – a Campobello di Licata e Palma di Montechiaro, ndr – senza insidie di carattere ambientale e, anzi, con il decisivo appoggio della menzionata organizzazione criminale». A fare da tramite tra Ferdinando Bonanno e la criminalità agrigentina sarebbe stato Vincenzo Aiello, membro dell’omonimo clan catanese.
Una vicenda, quella della diffusione verso la Sicilia occidentale di Eurospin, confermata anche dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Sardino, uomo di fiducia di Falsone, e dal ritrovamento nel covo corleonese di Bernardo Provenzano di alcuni pizzini a riguardo. Falsone avrebbe chiesto al boss di interessare anche il latitante Matteo Messina Denaro per capire gli eventuali interessi della primula rossa a riguardo, che già sponsorizzava la catena Despar.
I beni sequestrati sono oggi sono un’impresa agricola di Campobello di Licata (in provincia di Agrigento), quote della Lavori edili e stradali srl di Campobello, un’auto, un’impresa agricola di Ribera (nell’Agrigentino), il sei per cento delle quote della Eurospin riconducibili a Bonanno, le quote societarie dei figli di Bonanno in una società di commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari di Paternò, una ditta di proprietà della moglie di Bonanno di casalinghi e cristalleria a Paternò e 27 conti conti intestati all’imprenditore e al suo nucleo familiare.
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