Sono 26 le persone accusate a vario titolo di riciclaggio aggravato dal metodo mafioso, associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, peculato e falso ideologico. Tra loro anche molti professionisti. Si tratta delle indagini nate da una costola dell’inchiesta che portò in carcere, nel giugno 2016, Marcello Marcatajo, civilista e docente universitario, morto poco dopo aver ottenuto gli arresti domiciliari. L’udienza è fissata per il 17 dicembre. Per quasi 13 anni, con la complicità di diversi familiari tra cui moglie e figli, il legale avrebbe curato gli interessi del clan mafioso dei Graziano e della cosca dei Galatolo dell’Acquasanta. Accuse confermate ai magistrati dall’ex boss Vito Galatolo che ha scelto di collaborare coi pm.
Tra gli imputati numerosi esponenti della famiglia Graziano, la moglie di Marcatajo, Caterina Tripoli per cui il procedimento è stato sospeso per motivi di salute, il figlio Giorgio, che è anche sotto processo nel dibattimento principale già in corso giunto ormai alle battute finali, l’avvocato Nico Riccobene recentemente finito ai domiciliari per concorso in intestazione fittizia di beni e il notaio Tommaso Drago, che avrebbe attestato il falso nella stipula di alcuni contratti di compravendita immobiliare per nascondere la reale identità dell’acquirente. Uno degli imputati appartenenti alla famiglia Graziano, Santo, per cui la Procura aveva chiesto il giudizio, ha scelto l’abbreviato e verrà processato l’uno ottobre.
La tranche per cui è stato disposto il giudizio riguarda diversi episodi di riciclaggio di denaro illecito attraverso una serie di compravendite immobiliari. In particolare, secondo i magistrati, Marcatajo avrebbe usato i soldi di alcune curatele fallimentari come la Kemonia, a lui affidate dal tribunale, firmando assegni appoggiati sul conto corrente della società. Col denaro venivano comprati immobili poi trasferiti nelle attività dei mafiosi Graziano. Altre volte, per ripulire il denaro illecito, simulava acquisti firmando dei preliminari con i Graziano, non perfezionando poi mai i contratti.
O accendeva mutui bancari con le società a lui intestate e pagava le rate con soldi dei boss. Una maxi operazione di riciclaggio di oltre 3 milioni realizzata grazie alla complicità, secondo i magistrati, di decine di prestanome e di un ex direttore di filiale della Banca di Roma – anche lui rinviato a giudizio – Massimo Sarzana. Avrebbe dato almeno 14 mutui alla famiglia mafiose dei Graziano, sia direttamente, che indirettamente attraverso la concessione a complici nullatenenti grazie alla procedura di erogazione dei prestiti semplificata. Sarzana avrebbe inserito nei fascicoli bancari documenti falsi che attestavano redditi inesistenti da parte dei richiedenti o lo scoring positivo per il pagamento di rate pregresse.
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