Mafia, il consigliere intercettato con Giambalvo «Disse che cugghiuniava, non potevo denunciarlo»

«Io non l’ho detto alle forze dell’ordine perché era la mia parola contro la sua, mi poteva denunciare per calunnia. E poi lui, quando è sceso dalla macchina, ha detto che stava scherzando. “Iu cugghiuniava“, mi disse». Franco Martino è l’uomo che raccoglieva le confidenze di Calogero Giambalvo, il consigliere di Castelvetrano che, imputato nell’operazione antimafia Eden II, è tornato al suo posto a gennaio dopo essere stato assolto. Ma anche Martino è un consigliere di quello stesso Comune. «Ex consigliere, mi sono dimesso», precisa subito. Una presa di distanze che però non risulta esserci stata quando, in macchina insieme a Giambalvo, ascoltò quest’ultimo mentre raccontava del presunto incontro con il capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, a cui giurava fedeltà. «Ho preso subito le distanze – ribatte Martino – sono rimasto stupito, gli ho detto “Minchia a chiddu vidisti?“. Ma io sono un uomo abituato al dialogo, faccio il costruttore, il mediatore, incontro tante persone e mi piace ascoltare la gente, ognuno ha i suoi problemi. E poi mi lasci spiegare come andò quella sera». 

Martino riprende a raccontare. «Era finito il consiglio comunale, avevo un cantiere in un paese vicino e dovevo controllare che non rubassero il materiale. Giambalvo è venuto con me. Al ritorno ho preso una strada secondaria per vedere se vedevamo qualche coniglio». A questo punto apre una parentesi sulla sua vita: «Per 22 anni ho fatto il cacciatore, ma ho smesso perché ho fatto un voto per l’adozione internazionale di una bambina». Riprende: «Avendo comunque questa passione, quella sera volevo vedere se c’erano conigli, ma niente. “In campagna non si vedono più conigli, forse i fertilizzanti li fanno morire”, dissi io. Insomma, si parlava di caccia e lui tira fuori la storia della lepre, io lo ascolto, mi sta parlando di caccia, cose normali. E poi sta cosa della lepre e dell’incontro con Messina Denaro – specifica Martino – l’aveva già raccontato da anni, non era un fatto nuovo». 

Il racconto della lepre è uno di quelli intercettati dalle forze dell’ordine. «Ho preso una lepre che era quattro chili e sei – raccontava Giambalvo a Martino – e l’avevo nella giacca che mi usciva metà di qua e metà di qua. Mentre camminavo filara, filara… lui (Matteo Messina Denaro, ndr) sale a piedi da solo come un folle, verso di me, io non lo avevo riconosciuto a primo acchito, era invecchiato […] ma quando è arrivato di qua a là… mi ci sono alzato, abbiamo fatto mezz’ora di pianto tutti e due… “Lillo come sei cresciuto? Lillo”, e io mezz’ora di pianto, e mi voleva fottere la lepre con questa piangiuta, ma io gli ho detto: “Stiamo facendo mezz’ora di pianto e ti stai fottendo la lepre”».

«Ma io – spiega adesso Martino – come gli dovevo credere? È un millantatore, a Castelvetrano tutti lo conoscono, cane che abbaia non morde. E poi io cacciatore sono, una lepre di quattro chili e mezzo mai si è vista. Prima di scendere dalla macchina me lo ha confermato: “Iu cugghiuniava“, mi ha detto». Versione che Giambalvo ha confermato anche davanti ai giudici del Tribunale di Palermo, che alla fine lo hanno assolto. Così il consigliere – nipote di Vincenzo La Cascia, campiere dei Messina Denaro, lo stesso della famiglia del senatore D’Alì – è tornato al suo posto. «Io gliel’ho detto che doveva dimettersi – racconta Martino – dieci giorni fa gli ho chiamato, gli ho detto che sul piano morale non andava bene quello che aveva detto. Ma lui mi ha risposto “Non mi dimetto manco ammazzato”. Poi, la sera prima dell’autosospensione degli altri consiglieri – aggiunge – mi ha chiamato lui e mi ha detto che aveva ragione, che anche Alfano aveva detto che per la legge non era necessario che si dimettesse, così lui ha interpretato le parole di Alfano. Ma io a Giambalvo – puntualizza – non lo voglio più sentire, gliel’ho detto al suo avvocato». 

Anche Martino, con 24 ore di ritardo rispetto a venti suoi colleghi consiglieri, ha fatto un passo indietro. «Prima non ho potuto perché ero fuori per lavoro, ma io per questa vicenda tempo fa ho lasciato Articolo 4 insieme ai colleghi Tommaso Bertolino e Giampiero Lo Piano per approdare al gruppo degli indipendenti – precisa -. Ruggirello (deputato Ars trapanese di Articolo 4, ora Pd, ndr) è una persona squisita, ma non non ha preso le distanze, non ha fatto commenti. Giambalvo ha danneggiato tutta Castelvetrano». Per il sindaco Felice Errante la colpa è anche dell’attenzione dei media. «No, no – replica Martino – i giornali hanno fatto bene a portare avanti questa vicenda, hanno parlato anche di me, ma io ho fatto tutto alla luce del sole». 

Infine, da consigliere comunale e imprenditore che lavora nel paese di Matteo Messina Denaro, Martino non si tira indietro nell’analizzare l’influenza del boss e della sua latitanza su Castelvetrano. «Pesa troppo, è una cosa inspiegabile, se uno non ci passa non ci crede – spiega – sempre se è qui eh, magari sarà fuori, com’è che non riescono a prenderlo io non lo so». Un esempio concreto? «Le racconto un episodio personale: avevo praticamente venduto una villetta a un signore del Nord, lui viene in Sicilia per chiudere l’affare, ma va in un albergo dove gli sconsigliano di comprare casa a Castelvetrano per la presenza di Messina Denaro – conclude il consigliere – L’indomani questo mi chiama e dice che la casa non la compra più. È un grave danno per tutta l’economia». 

Salvo Catalano

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