Mafia, gli affari dei padrini di Resuttana all’ippodromo «Gare truccate, minacce e quote imposte ogni mese»

«Cosa nostra aveva un controllo pressoché totale sull’ippodromo di Palermo». Sono perentorie le parole del maggiore Dario Ferrara, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Palermo. Quello tra mafia e corse dei cavalli è un connubio che in città si trascina da tempo. Non è un caso che il blitz di questa mattina, che ha coinvolto in tutto nove indagati, arrivi a un anno dalla chiusura della struttura della Favorita, che era stata bloccata da un’interdittiva antimafia decisa per sospette infiltrazioni criminali. L’ippodromo sarebbe addirittura stato luogo privilegiato di incontri e di veri e propri summit di mafia, anche se le investigazioni odierne non hanno permesso di accertare questa circostanza e a parlarne, al momento, sono solo alcuni collaboratori di giustizia.                                   

«I mafiosi, in particolare quelli del mandamento di Resuttana, imponevano una quota fissa sul volume di affari dell’ippodromo, quantificata in quattromila euro mensili. In più – aggiunge il maggiore Ferrara -, manipolavano l’esito delle gare ippiche, minacciando i fantini tramite altri fantini compiacenti e titolari delle scuderie compiacenti, lucravano sul mondo delle scommesse, facendo confluire i proventi delle vincite nelle casse delle famiglie mafiose». Un giro d’affari ben collaudato e che si avvaleva, quindi, anche di insospettabili che gravitavano nel mondo dell’ippica più che in quello mafioso. Nove gli indagati coinvolti, tra questi ci sono anche due driver che dovranno rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa e frode in competizione sportiva. Quattro le gare ippiche che, alla luce delle indagini condotte, sono risultate «palesemente truccate», disputate tra il 2016 e il 2017 negli ippodromi di Palermo, Taranto e Follonica.

Coinvolta anche una donna, l’unica per cui sono stati disposti i domiciliari, Gloria Zuccaro, promessa dell’ippica: è accusata di trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, poiché si è intestata un cavallo appartenente a uno degli uomini d’onore. Tra i nomi torna anche quello di Giovanni Niosi, al vertice del mandamento mafioso di Resuttana almeno fino all’ottobre 2015, successivamente sostituito in questo ruolo da Sergio Napolitano, nuovo vertice fino a dicembre 2017, quando poi anche lui è rimasto coinvolto nell’operazione Talea di un anno fa. Niosi, classe 1954, conosciuto nell’ambiente mafioso come il pompiere, vanta già un curriculum criminale di un certo spessore e che lo ha visto finire in galera per associazione mafiosa in più occasioni. È un nome, il suo, che infatti emerge anche in più d’una operazione antimafia, da quella dell’anno scorso ad Apocalisse.

Anche se ufficialmente, per tutti il 64enne era solo il gestore di un’auto carrozzeria di viale Regione. Ma che di fatto, a leggere le carte delle inchieste, non riusciva a rimanere lontano da Cosa nostra per più di un mese. I suoi reinserimenti nella compagine criminale erano continui e puntuali, e avvenivano spesso già all’indomani dal suo ritorno in libertà. Riuscendo tutte le volte a lavare via anche l’onta di essere stato, secondo alcuni sodali, uno sbirro per aver chiesto il patteggiamento nel processo AddioPizzo 5. Ma per lui il pentimento sembra lontano, lo dimostrerebbero i solidi legami mantenuti con Cosa nostra e che lo portano, oggi, ad essere nuovamente protagonista di una nuova operazione antimafia. 

In carcere sono stati condotti: Natale Cintura, 53 anni, Massimiliano Gibbisi, 48, Giuseppe Greco, 62, Salvatore La Gala, 66, Giovanni La Rosa, 66, Giovanni Niosi, 64, Antonino Porzio, 57, Domenico Zanca, 48. Ai domiciliari è finita Gloria Zuccaro, 38 anni. Sono stati sequestrati i cavalli Ronny Alter della scuderia di Gloria Zuccaro e Rarissima Slid sm e Salice del Rum della scuderia di Giuseppe Greco. 

Silvia Buffa

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