Occhi scavati dal sonno e tanti capelli in meno rispetto a qualche anno fa. Sono due dei tratti distintivi del volto di Andrea Nizza, immortalati in una fotografia che MeridioNews mostra in esclusiva, all’indomani della cattura del giovane boss latitante dal 2014. Il 30enne, considerato il capo di Cosa nostra a Catania, è stato scovato dai militari del reparto operativo speciale dei carabinieri dentro una casa, non troppo lontana dal centro storico di Viagrande. Un luogo forse ritenuto sicuro ma decisamente distante dal suo fortino, viale Moncada 10 a Librino. L’ultima dimora è stato un locale in affitto, che gli sarebbe stato concesso da una coppia di amici che adesso sono accusati di favoreggiamento.
Di Nizza circolava una sola foto segnaletica, ormai datata e risalente a un arresto del passato. Il suo viso oggi appare decisamente invecchiato. Sulla fronte, poco sopra l’arcata sopraccigliare sinistra, c’è sempre una grossa cicatrice. Camicia nera, gilet e giacca con tanti pois scuri: sono gli abiti che l’uomo, accusato di essere il boss, ha scelto prima di lasciare l’abitazione dove si trovava nascosto.
Sulle sue spalle pesano tante condanne, non ancora definitive, per oltre 50 anni di carcere. Oltre che l’inserimento nella lista dei 100 latitanti più pericolosi d’Italia. L’ex ricercato, nonostante la giovane età, si sarebbe inserito con prepotenza nei vuoti lasciati dagli arresti delle ultime operazioni antimafia. Il tutto nonostante il pentimento di alcuni fedelissimi, come l’ex gestore delle piazze di spaccio Davide Seminara, o il fratello ed ex capo Fabrizio Nizza. Quest’ultimo dal 2015 ha tradito la famiglia di Cosa nostra e il rito della punciuta – che ha ricevuto insieme all’altro fratello Daniele -, per iniziare a parlare con i magistrati della procura di Catania.
Andrea Nizza avrebbe comunque continuato la tradizione di famiglia specializzandosi nel narcotraffico con l’Albania e con le armi. Un uomo dai modi di fare che ricordano Gomorra, tanto che avrebbe i suoi picciotti a girare in motorino per la città dopo il pentimento del fratello. Un fiume di clacson che avrebbe avuto il chiaro significato di sottolineare, nonostante un collaboratore di giustizia in famiglia, chi fosse ancora al vertice. Adesso però tutt’e cinque i fratelli sono dietro le sbarre.
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