«Debora, come? Normale o con l’acca?». Per evitare di trovarsi a fare i conti con casi di omonimia e dare informazioni sbagliate, bisognava essere precisi. Partendo dai dati anagrafici. Girolama Venturella, per i più Mimma, lo faceva presente spesso ad Alessandro Del Giudice. La prima è una dipendente di Riscossione Sicilia, il secondo un avvocato di origini napoletane ma del foro di Palermo. Entrambi sono coinvolti nell’inchiesta Araldo, che ieri ha visto impegnati carabinieri e guardia di finanza in un blitz con undici arresti dalle parti di Bagheria. Nel mirino della Direzione distrettuale antimafia, guidata da Francesco Lo Voi, è finito un pesante giro di usura con tassi elevatissimi. Una morsa che poneva le vittime davanti a missioni impossibili, come vedere aumentare la somma da restituire da 500 a 800 euro nel giro di quattro giorni.
Per Del Giudice, che è accusato di avere sfruttato il proprio ruolo di legale per finalità che nulla avevano a che fare con il diritto alla difesa dei propri clienti – tra cui l’uomo d’onore di Misilmeri Pietro Formoso – la gip Antonella Consiglio ha disposto la custodia cautelare in carcere. Per Mimma Venturella, invece, la richiesta della procura è stata rigettata nonostante nei suoi confronti ci siano, secondo la giudice, «robusti e gravi indizi di colpevolezza». Il motivo per cui la dipendente della società partecipata dalla Regione Siciliana che si occupa di riscuotere i tributi nell’isola non è stata arrestata sta nel fatto che le vicende che l’hanno vista coinvolta risalgono troppo in là nel tempo. Alla primavera del 2017, quando la donna viene intercettata a ripetizione con Del Giudice. Tra i due le conversazioni, a parere di procura e giudice, sono eloquenti ma ciò non basta per stabilire la fondatezza del rischio di reiterazione del reato. Anche perché alla base dei comportamenti ci sarebbe stato il rapporto di fiducia con il professionista che, una volta disposto l’arresto di quest’ultimo, è venuto meno.
Cinquantadue anni compiuti ad aprile, Venturella è accusata di numerosi accessi abusivi al sistema informatico di Riscossione Sicilia con l’unico intento di andare incontro alle richieste di Del Giudice. Dalla banca dati la donna avrebbe estrapolato informazioni sulla situazione debitoria di una quindicina di persone. Uomini e donne di tutte le età, anche ultra-novantenni. «Senti una cosa, un signore vuole sapere quanto gli veniva, che carico ha, è un signore anziano», chiede il professionista a Venturella, a metà aprile di quattro anni fa. La dipendente di Riscossione si rende subito disponibile. «Mi dai il codice fiscale? Perché io sono arrivata ora e devo fare partire tutte cose», dice Venturella. Per poi rassicurare il suo interlocutore: «Se non ti dovessi chiamare entro l’una, non ti agitare. Ti chiamo».
Al netto di svarioni nella lettura dei codici fiscali – «siamo già a tre paia di occhiali», scherza la donna riferendosi alla vista ballerina del suo interlocutore – i desideri di Del Giudice vengono tutti esauditi. C’è chi ha pendenze contenute e chi debiti di parecchie migliaia di euro. Tra i due un riferimento che ricorre spesso è quello al condono di cui le persone indicate da Del Giudice vorrebbero usufruire. Ma, nonostante nella ricostruzione della giudice per le indagini preliminari la connessione non venga mai esplicitata, per gli investigatori quei contatti tra l’avvocato e la dipendente di Riscossione Sicilia sarebbero serviti anche per raccogliere informazioni sulle potenziali vittime di usura.
In un caso, invece, la conversazione tira in ballo un tema diverso. A maggio del 2017, Del Giudice chiama la donna e le confida di essere stato contattato dai familiari di Emilio Pizzurro – all’epoca in carcere dopo il blitz Apocalisse – per attivarsi affinché venisse raccolta dagli «amici» la somma utile a pagare il proprio avvocato. Anche in questo caso non è ben chiaro perché Del Giudice renda partecipe Venturella della questione, ma dalle intercettazioni si direbbe che la donna accetti di contribuire alla colletta. «Ti chiamo domani mattina, ti dico quanto. Perché sicuro, però devo fare l’estratto conto in banca», spiega Venturella. L’avvocato la rasserena: «Quello che puoi, Mimma». Nell’ordinanza la gip specifica che, il giorno dopo, la dipendente di Riscossione Sicilia si sarebbe resa disponibile a dare a Del Giudice somme di denaro. «Ho prelevato qualcosa, passa più tardi. Salì però, non mi fare scendere», gli comunica l’allora 48enne.
«Abbiamo scoperto dell’indagine soltanto questa mattina leggendo i giornali e da quel che sappiamo anche la dipendente lo ha saputo oggi – dichiara il direttore di Riscossione Sicilia Ermanno Sorce a MeridioNews – Indipendentemente dalla mancata misura cautelare, stiamo attenzionando il caso per valutare l’adozione di provvedimenti. Però, prima bisogna capire bene quali sono gli addebiti. Quindi, per il momento, non possiamo anticipare nulla».
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