Sono state 9 le misure cautelari emesse nei confronti di un gruppo a cui, secondo gli investigatori, sono stati attribuiti agguati e uccisioni. A emergere è anche la piena disponibilità di armi da fuoco da parte del clan
Mafia, duro colpo al clan di Belmonte Mezzagno Gruppo ritenuto responsabile di diversi omicidi
Sono state 9 le misure cautelari in carcere emesse dal gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. A essere colpita è stata la famiglia mafiosa nel mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. I reati contestati sono associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi clandestine e ricettazione aggravati dal metodo mafioso.Le indagini dei carabinieri hanno permesso di ricostruire l’attività della famiglia mafiosa negli ultimi 15 anni, anche attraverso le precedenti operazioni antimafia, tra cui Perseo (2008), Sisma (2009 e 2011), Jafar e Jafar 2 (2015) e Cupola 2.0 (2018/2019). L’attività che ha permesso di disarticolare il clan mafioso di Belmonte Mezzagno, che nell’ultimo triennio è stato teatro dei fatti di sangue più eclatanti dell’intera provincia di Palermo, immortalando un contesto territoriale caratterizzato da uno spietato ricorso alla violenza ed all’uso delle armi.
L’attività d’indagine, infatti, consegue ai seguenti gravissimi eventi criminali: l’agguato di tipo mafioso a Vincenzo Greco, il cui cadavere il 10 gennaio 2019 venne ritrovato nella propria auto con diversi segni di colpi di pistola. Stessa dinamica per Antonio Di Liberto, raggiunto dai colpi di arma da fuoco mentre si trovava a bordo della sua auto. Il 2 dicembre del 2019 a essere protagonista di un agguato è Giuseppe Benigno mentre era in macchina dopo essere stato affiancato da due soggetti. Benigno è riuscito a fuggire e a raggiungere il pronto soccorso dell’Ospedale Civico di Palermo; sempre un agguato è stato quello che ha colto Agostino Alessandro Migliore, fratello di Giovanni Migliore, ritenuto uomo d’onore della famiglia di Belmonte Mezzagno e allo stato detenuto. Agostino Migliore, dopo essere uscito di casa è stato raggiunto da 12 colpi di pistola.
Sempre secondo l’ordinanza cautelare, sussistono gravi indizi, che dovranno successivamente essere confermati dagli ulteriori passaggi processuali, per affermare. Dalle indagini emergerebbe la figura di Agostino Giocondo, che secondo gli investigatori avrebbe coordinato l’attività nei settori tipici di controllo diCosa Nostra, curando il mantenimento dell’ordine pubblico sul territorio e adoperandosi – in modo paritetico ad altri sodali oggi arrestati – per la risoluzione di svariate controversie tra privati, in alternativa allo Stato. In particolare, risulterebbe essersi attivato per il sostentamento dei detenuti della famiglia di Belmonte Mezzagno e per la restituzione della refurtiva asportata ad un commerciante, organico alla famiglia mafiosa e anch’egli arrestato, con il quale, sfruttando la forza di intimidazione promanante dalla loro appartenenza a Cosa Nostra, avrebbeinfluenzato la libertà di iniziativa economica locale, limitando la possibilità di esercizio ad aziende concorrenti.
A emergere è pure la piena e attuale disponibilità di armi da parte della famiglia di Belmonte Mezzagno, delle quali solo due sono state rinvenute: un fucile da caccia marca Winchester cal. 12 con matricola parzialmente punzonata e un revolver cal. 38 special Smith & Wesson con matricola abrasa. La pistola, provento di una vecchia rapina, è stata sequestrata nel corso di un tentativo, messo in atto dai sodali, di venderla a soggetti palermitani, permettendo così di configurare agli odierni arrestati, oltre che la ricettazione, anche l’aggravante di cui al comma 5 dell’art. 416 bis. In particolare sarebbe attribuibile, sulla base delle risultanze sino ad ora acquisite, a Giocondo il ruolo di presunto custode dell’arsenale della famiglia di Belmonte, poiché questi risulterebbe coinvolto in ciascuna delle vicende riguardanti le armi della consorteria.