Mafia dei Nebrodi, sequestrati beni a Turi Catania Patrimonio da 300mila euro, fu arrestato con Pruiti

Sequestrati beni per 300mila euro a Salvatore Catania, detto Turi, ritenuto elemento di vertice di Cosa Nostra tra i Comuni di Bronte, Maniace e Cesarò, legato alla famiglia catanese Santapaola-Ercolano. Il provvedimento è scattato nelle prime ore di questa mattina, nelle province di Messina e Catania. 

Catania è stato arrestato il 14 febbraio del 2017 in un’operazione antimafia che portò a sgominare i vertici di Cosa Nostra nella zona dei Nebrodi, la cosiddetta mafia dei pascoli, e tuttora è detenuto nell’istituto catanese di Bicocca. Insieme a lui finì in carcere anche Giovanni Pruiti, fratello dell’ergastolano Giuseppe, e ritenuto il reggente del clan a Cesarò. Di Catania ha parlato il pentito catanese Santo La Causa, raccontando di essere stato il suo padrino nella cerimonia di affiliazione, tra il 2007 e il 2008. 

Il nome di Catania emerge in diverse inchieste antimafia, come Padrini del 2008, Gatto selvaggio del 2011 e la più recente Iblis. Il presunto boss da sempre, secondo le accuse, è ritenuto un fedelissimo della famiglia Santapaola. In questa ottica si può leggere l’ormai storica rivalità con Francesco Montagno Bozzone, anch’egli di Bronte, ma appartenente al clan Mazzei. Nel Comune etneo nell’ultimo decennio si è creata una forte contrapposizione all’interno dei Santapaola, che ha portato un nutrito gruppo di affiliati a fuoriuscire dalla cosca. Scelta che ha dato il via a una lunga e sanguinosa faida.

Stamattina i carabinieri della Sezione Anticrimine del Raggruppamento Operativo Speciale di Catania, insieme a quelli di Santo Stefano di Camastra, hanno eseguito il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca, emesso dal Tribunale di Catanias-Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Procura della Repubblica Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. 

In particolare gli accertamenti patrimoniali sono figli delle indagini Iblis, del 2009, e Nebrodi, del 2017. Un filone d’indagine riguarda il complesso sistema dei contributi comunitari per i terreni erogati dall’Agea, che sarebbero stati ottenuti illecitamente, non avendo i requisiti. L’altro ha fatto emergere gli atti intimidatori e le estorsioni a danno degli imprenditori della zona. Le verifiche sul patrimonio hanno consentito di svelare come gran parte dei beni riconducibili a Catania fossero il frutto di attività illecite e riciclaggio di capitali.

Redazione

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