La storia imprenditoriale di Rosario Marchese sembra essere arrivata al capolinea. Il tribunale di Caltanissetta ha ordinato la confisca dell’intero patrimonio – 15 milioni di euro – del 34enne nativo di Caltagirone, con radici a Gela e da qualche anno stabile al Nord, dove si era imposto in brevissimo tempo come uomo d’affari. A porre i sigilli ai beni sono stati gli uomini della Dia di Caltanissetta, che sul conto di Marchese hanno indagato a fondo portando alla luce la sproporzione tra il piccolo impero creato quasi dal nulla e i redditi dichiarati al fisco dal commercialista siciliano. La formula magica per gli investigatori sarebbe stata sempre la stessa: legami a doppio filo con la criminalità organizzata. Nel caso di Marchese la vicinanza ai clan si sarebbe manifestata tanto con Cosa nostra che con la Stidda.
Al professionista il provvedimento è stato notificato nel carcere di Opera, a Milano, dove si trova rinchiuso in seguito all’ultimo arresto per associazione mafiosa. Nonostante l’età, Marchese nell’ultimo decennio è finito sotto la lente di diverse procure. Inchieste che lo hanno coinvolto con le accuse più disparate: dall’associazione alla truffa, dalle indebiti compensazioni alla bancarotta fraudolenta. Residente da tempo a Brescia, Marchese nel Nord Italia era riuscito ad aprire una serie di società, alcune delle quali capaci anche di ottenere visibilità all’interno dell’aeroporto di Verona o nel mondo delle corse automobilistiche. Tra le sue creature, anche la Marchese Group, holding con uffici virtuali in via Montenapoleone.
Una dimostrazione di potere che passava anche per l’uso di auto di lusso e il possesso di un’opera d’arte milionaria, ma che in fin dei conti non ha mai reciso i collegamenti con la Sicilia. Come scoperto da MeridioNews a marzo dell’anno scorso, Marchese si era affidato a numerosi conterranei per portare avanti le attività della propria holding. Sul sito della società, poi oscurato, campeggiavano le foto e i nomi di numerosi pregiudicati, per l’occasione immortalati in giacca e cravatta. Lo scorso autunno, Marchese è stato arrestato nell’operazione Leonessa coordinata della Direzione distrettuale antimafia di Brescia. Nelle carte dell’inchiesta sono ricostruiti i rapporti che Marchese avrebbe intrattenuto con il bresciano Gianfranco Casassa: i due avrebbero collaborato alla creazione e successiva cessione di crediti d’imposta inesistenti. Tra i contatti di Casassa, secondo gli inquirenti, ci sarebbe stato anche un uomo legato ai servizi segreti che avrebbe effettuato accessi abusivi al sistema informatico per verificare l’esistenza di indagini a carico di Marchese.
A essere confiscate, oltre la holding, sono state undici società e due ditte individuali attive nei settori della consulenza amministrativa, finanziaria e aziendale, del marketing, del noleggio di mezzi, del commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti petroliferi ma anche di studi medici specialistici e della fabbricazione di apparecchiature per l’illuminazione. Confiscati anche una flotta di auto di lusso, un dipinto del XVII secolo, cinque beni immobili e cinquanta rapporti bancari.
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