Un’impresa di gestione di impianti sportivi – con diversi campi in pieno centro -, due ville tra Catania e Tremestieri Etneo e conti correnti bancari. Un patrimonio da circa due milioni di euro. Sono i beni che la Direzione investigativa antimafia etnea ha confiscato a Roberto Vacante, 52 anni. Per l’uomo è stata disposta anche la sorveglianza speciale per due anni e sei mesi, con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza. I beni sono stati sequestrati già nel maggio dello scorso anno. Anche allora nel mirino della Dia sono finiti campi da calcio e immobili.
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Vacante è ritenuto un elemento di spicco del clan ed è legato alla consorteria mafiosa da vincoli di parentela. È sposato con Irene Grazia Santapaola; figlia di Salvatore (morto nel 2003), la donna è nipote del boss Nitto Santapaola. I beni di Roberto Vacante sarebbero stati intestati in maniera fittizia alla moglie e al fratello dell’uomo, Giacomo Vacante. Gli inquirenti hanno preso in esame il periodo compreso tra il 1988 e il 2013, rilevando delle grosse differenze tra i redditi dichiarati e il tenore di vita della famiglia Vacante.
Il ruolo di Robertino Vacante all’interno della consorteria è stato confermato dai collaboratori di giustizia Santo La Causa e Giuseppe e Paolo Mirabile. Arrestato nel 1993 assieme ad altre 33 persone nell’ambito dell’operazione Vega, è stato accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alla commissione di estorsioni, rapine usura ed omicidi. Tredici anni dopo è stato nuovamente coinvolto in un’operazione di polizia, Zefiro, e accusato ancora una volta di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata sempre all’estorsione e anche al gioco d’azzardo. Nel 2007 il terzo arresto (operazione Arcangelo), con l’aggiunta del traffico di stupefacenti alle altre accuse.
Due le condanne emesse nei confronti dell’uomo. La prima – a due anni e dieci mesi di reclusione – diventata definitiva nel febbraio 2003 per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. La seconda, relativa all’operazione Arcangelo, lo ha visto condannato a un anno di prigione.
Secondo il capocentro della Dia di Catania, Renato Panvino, l’operazione di oggi ha un doppio ruolo: «Oltre a quella di assicurare alla giustizia i boss mafiosi, è quello di svuotare le casse di Cosa nostra per far sì che le organizzazioni criminali vengano annullate». E continua: «Il risultato odierno è frutto di un lavoro difficilissimo. È chiaro che Cosa nostra affina moltissimo le tecniche di riciclaggio del denaro ma è anche vero che dall’altra parte lo Stato risponde con grande efficienza e preparazione».
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