l cognomi storici della mafia che continuavano a comandare. Nella notte maxi blitz antimafia dei carabinieri del comando provinciale di Palermo e Cefalù tra i Nebrodi e le Madonie, nel mirino la cosca mafiosa di San Mauro Castelverde, poco meno di 1500 abitanti in provincia di Palermo. I fermi, undici in totale, rientrato nell’operazione denominata Alastra e riguardano i reati di associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, corruzione, atti persecutori, furto aggravato e danneggiamento. Fondamentale la ribellione di due imprenditori davanti alle richieste di denaro e di chi, arrivata la convocazione in caserma, ha deciso di collaborare con le forze dell’ordine.
Nel mirino ci sono i vecchi capi e i gregari del mandamento, regno incontrastato della famiglia mafiosa di
Giuseppe Farinella, morto in carcere, a Parma, nel 2017. Le redini sarebbero state prese in mano dal figlio Domenico Mico, scarcerato nel 2020 a 58 anni dopo una detenzione cominciata negli anni ’90, e il nipote 25enne Giuseppe, anche lui secondo i carabinieri investito del compito di reggere il mandamento tra le province di Palermo e Messina. Oltre alle estorsioni l’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, ha fatto emergere come l’organizzazione riusciva a comunicare all’esterno del carcere per dirigere le fila degli affiliati in libertà.
Nelle intercettazioni gli uomini del clan si vantavano del silenzio di chi era finito dietro le sbarre. «Qua nessuno di pente compà», diceva un uomo. «San Mauro numero uno», rispondeva il suo interlocutore. Tra le imposizioni del clan c’era l’acquisto delle carne in una macelleria gestita da Giuseppe Scialabba, considerato uno dei fedelissimi di Farinella. «Si tratta di un gruppo familiare che utilizzava la notorietà del proprio nome criminale per imporre il pizzo, le estorsioni e per vessare la comunità», spiega il generale
Arturo Guarino, che guida il comando provinciale dei carabinieri di Palermo, commentando l’operazione antimafia.
Oltre ai fermi c’è anche il sequestro di un’agenzia di scommesse che la famiglia Farinella gestivano a Palermo e un’attività di prodotti sanitari, a Finale di Pollina. Valore stimato dei beni un milione di euro.
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