Estorsioni, azzerata la cosca di Brancaccio Arrestati in 34, sigilli a beni per 60 milioni

Azzerata la cosca di Brancaccio da parte di polizia e guardia di finanza che hanno eseguito, dalle prime ore dell’alba, un provvedimento emesso dal Gip di Palermo, nell’ambito di indagini coordinate dalla locale Dda. In Sicilia, Toscana, Lazio, Puglia, Emilia Romagna e Liguria, sono state eseguite 34  misure cautelari nei confronti dei maggiori esponenti del mandamento mafioso e di altrettanti loro complici, nonché al sequestro di numerose aziende, per un valore complessivo di circa 60 milioni di euro.

Tra i soggetti destinatari di custodia cautelare in carcere spicca Pietro Tagliavia, capo del mandamento mafioso di Brancaccio e della famiglia di Corso dei Mille, attualmente ai domiciliari. Le indagini, eseguite in stretto coordinamento dalla squadra Mobile e dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, hanno consentito di fare luce su numerosi episodi di minacce, danneggiamento, estorsione, furto e detenzione illegale di armi da parte di esponenti della cosca di Brancaccio, nonché di ricostruire l’intero organigramma delle famiglie mafiose appartenenti al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascun associato e, in particolare, individuando gli elementi di vertice. Tra questi spiccano le figure di Claudio D’Amore, Bruno Mazzara, ritenuti fidati collaboratori di Tagliavia; Francesco Paolo Clemente, Francesco Paolo Mandalà, Gaetano Lo Coco incaricati del controllo delle numerose aziende, tutte intestate a prestanome, utilizzate per realizzare le frodi di natura fiscale, conseguendo il monopolio regionale e una posizione dominante nel restante territorio nazionale nella commercializzazione degli imballaggi industriali; Giuseppe Caserta e Cosimo Geloso, rappresentanti della famiglia di Brancaccio; ed infine Giuseppe Mangano, Giuseppe Di Fatta e Antonino Marino, ritenuti rappresentanti della famiglia Roccella.

Tra gli arrestati c’è anche il fratello di Giovanni Lo Porto, l’operatore umanitario sequestrato da Al Qaeda nel 2012 e assassinato tre anni dopo durante un’operazione antiterrorismo degli Usa da un drone. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato il braccio destro di Tagliavia, che dai domiciliari continuava a governare la cosca. Quella dei Tagliavia è una famiglia mafiosa di Palermo coinvolta anche nelle stragi del ’92 e del ’93. Lo Porto avrebbe gestito il racket del pizzo.

Dalle indagini è emerso anche, riferiscono le forze dell’ordine, «il totale controllo, da parte dell’associazione, di un gruppo imprenditoriale, distribuito su diverse Regioni ma particolarmente radicato in Sicilia e Toscana». Nel corso delle odierne operazioni, la polizia e la Guardia di Finanza stanno procedendo, rispettivamente, al sequestro di numerosi veicoli e autoveicoli utilizzati per la commissione dei reati contestati, nonché delle aziende riconducibili agli esponenti mafiosi arrestati.

Redazione

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