Sei persone arrestate e un patrimonio di undici milioni di euro posto sotto sequestro. Sono questi i numeri dell’operazione Nibelunghi, scattata questa mattina tra le province di Enna e Messina. La guardia di finanza del comando provinciale di Caltanissetta e i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Enna hanno eseguito i provvedimenti disposti dal gip di Caltanissetta nei confronti di figure ritenute vicine al clan Emmanuello, famiglia mafiosa legata a Cosa nostra. Si tratta di Gabriele Giacomo Stanzù, 57enne originario di Capizzi, del fratello Nicola Antonino, di 40 anni, della moglie di quest’ultimo Carlotta Conti Mammamica, di 41 anni, e poi ancora di Antonio Di Dio, 30 anni, e dei coniugi Carlo D’Angelo e Nunzia Conti Mammamica, rispettivamente di 53 e 42 anni.
Il gruppo fa parte dello stesso nucleo familiare e sarebbe stato impegnato nella gestione del patrimonio di Gabriele Giacomo Stanzù. Quest’ultimo in passato è stato condannato per assistenza agli associati mafiosi nell’ambito dell’operazione Dioniso e, più di recente, per l’omicidio di Francesco Saffila, delitto per il quale gli è stata comminata una pena a 14 anni di carcere, che l’uomo sta scontando nel carcere Ucciardone di Palermo. Secondo gli inquirenti, il 57enne sarebbe stato vicino a esponenti di spicco di Cosa nostra, tra i quali Daniele Emmanuello, morto nel 2007 in un conflitto a fuoco in occasione del suo arresto.
Durante le indagini, la guardia di finanza ha monitorato i movimenti finanziari messi in atto da Stanzù che, grazie al contributo dei familiari, avrebbe cercato di schermare i propri beni per evitare un eventuale sequestro. Provvedimento che invece è arrivato e riguarda terreni, fabbricati, automobili e conti correnti postali e bancari. L’uomo, tramite prestanome, sarebbe riuscito a percepire nel corso degli anni anche importati contributi comunitari. Tra cui quelli legati alla gestione delle aziende agricole, argomento che negli ultimi due anni è finito al centro dell’attenzione delle procure siciliane per le manovre che i clan avrebbero messo in atto per assicurarsi il business, nonostante la ratifica del protocollo antimafia sui terreni demaniali.
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