«Ma tu come lo sai quali sono i voti dei mafiosi?» La risposte di Pippo Nicotra su elezioni e inchieste

«Dimmi esplicitamente che tu non vuoi voti dalla mafia». Canale 9, rete televisiva locale, confronto tra candidati sindaco. È il lontano 2008. Da una parte c’è l’esponente della sinistra di Aci Catena Basilio Orfila, dall’altra c’è il futuro sindaco, adesso recluso nel carcere di Bicocca, Pippo Nicotra. La domanda lo lascia interdetto, lui prima balbetta accalorato, poi replica: «A prescindere che io non voglio i voti dalla mafia… Io non li voglio: ma tu lo sai quali sono i voti dei mafiosi? Tu come fai a dire che chi vota è un mafioso? E se non vado errato, queste persone neanche possono votare». Il ragionamento non farebbe una piega, se non fosse per un dato storico: Nicotra era il primo cittadino di Aci Catena quando il Comune è stato sciolto per le infiltrazioni della criminalità organizzata. A quel confronto poi si parla d’altro: di piano regolatore, di commissioni civiche da istituire e l’argomento criminalità organizzata passa in cavalleria. Eppure il il nome di Nicotra – adesso accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata e voto di scambio politico-mafioso – spunta anche nei documenti di altre inchieste antimafia eccellenti: I Vicerè contro il clan Laudani, e Gorgoni sui legami tra politici corrotti, imprenditori corruttori e cosche.

Il fil rouge delle indagini, come anche della politica, è che le elezioni uniscono. Hanno il potere di mettere insieme chi insieme, a occhio, non potrebbe stare mai. Non fosse altro che per l’appartenenza. Di partito o di famiglia. Quando Giuseppe Laudani, pentito eccellente della famiglia di cui porta il nome, racconta del sostegno elettorale a un certo Saro Nicotra, davanti ai magistrati è costretto a precisarlo: «È risaputamente avvicinato alla famiglia Santapaola, che paga la famiglia Santapaola…». Motivo per il quale, conoscendo la storica rivalità tra le due cosche, un osservatore attento potrebbe domandarsi: «Perché con noi ci sono stati questi contatti?». Laudani anticipa la domanda per potere essere puntuale di fronte ai magistrati con cui si sta confidando. «Io glielo preciso – aggiunge – per le elezioni». Più facile di così?

Il profilo di quel Saro Nicotra, del resto, somiglia eccetto che per il nome di battesimo a quello di Pippo. «Imprenditore che ha i supermercati, che si è candidato a sindaco di Aci Catena ed è stato eletto», lo descrive il rampollo. Certo, sbaglia l’anno delle elezioni: il 2006 anziché il 2008, ma per il resto l’identikit c’è. Compreso il dettaglio dell’investimento nella grande distribuzione fatto da Nicotra in passato – e adesso passato interamente nelle mani del figlio – da cui deriva la gestione di alcuni market a marchio Conad ad Aci Catena, Catania e diversi altri centri della provincia etnea, oltre che di un superstore ad Aci Sant’Antonio. Al primo piano di questo immobile, Nicotra aveva la storica segreteria politica. «Io gli davo le forniture di carni ai supermercati – continua Giuseppe Laudani – potete controllare». All’indomani del blitz sui Vicerè, Pippo Nicotra a questa testata rispondeva: «Estorsione? Ma io non so di chi stiamo parlando. Lei telefonicamente mi sta aggiornando su questioni che non conosco. Oltretutto mi dice stupidaggini: Saro Nicotra non sono io». 

E se lì i magistrati non precisano, in effetti, di chi si stia parlando lo fanno poi in una occasione successiva: Orazio Sciuto, catenoto arrestato nella maxi-operazione, parla in carcere con i suoi familiari. «Hanno trovato carte là quella sera?», domanda a suo fratello, riferendosi a qualcosa che non è chiaro. E il fratello risponde: «Pippo mi ha detto che c’era la carta di un capannone». Per la procura quel «Pippo» vale una precisazione: «Onorevole Raffaele Nicotra», scrivono. «Non era la carta del capannone – interviene subito Orazio Sciuto – Era il bigliettino da visita suo! Spiegaglielo!». La conversazione poi viene tagliata, l’argomento non è chiaro. È chiarissimo, invece, il resoconto che viene da una conversazione di Ascenzio Maesano con un altro uomo, anonimo, all’interno della sua automobile. Sono i giorni dell’inchiesta Gorgoni sul sistema catenoto dei rifiuti e Maesano racconta la storia di un dipendente comunale della nettezza urbana arrestato per associazione mafiosa. «Questo con un altro, al telefono, durante la campagna elettorale delle Regionali di 15 anni fa dice: “Andiamo da Nicotra al supermercato e riempiamo i cofani della macchina. E poi andiamo dal sindaco perché pure lui ci deve dare i soldi”. Tutti intercettati». Dall’indagine che nasce, poi, su quelle elezioni del 2001, sia Maesano sia Nicotra escono puliti.

Luisa Santangelo

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