Ventotto anni, di cui gli ultimi sette passati in Italia. Elena è la classica ragazza italo-americana nata e cresciuta a New York, ottimi studi e una bella carriera già avviata. Da sempre innamorata dell’Italia, dopo un master a Milano e un ottimo lavoro presso una grande catena alberghiera di lusso, decide di volere vivere a Palermo e più precisamente a Mondello. Se le chiedi perché ha scelto proprio questa città tra tutte quelle possibili lei risponde con un sorriso grande e sincero: «Io davvero non me lo spiegare perché ho scelto Palermo, ma sono felice qui e so che è la cosa giusta». Una risposta leggera e felice a tratti un po’ infantile, candida e pura come solo le risposte di certi americani sanno essere. L’arte di rispondere in modo semplice a domande complesse, eppure funziona. Elena sa essere convincente, sembra davvero essere felice qui pur non sapendo spiegarne il motivo.
«Un giorno ho deciso che volevo venire a vivere a Mondello – racconta – per stare vicino al mare, non conoscevo nessuno qui, ma dopo pochi giorni ho incontrato tanta gente ed è stato subito come essere in famiglia. Qui sono tutti molto accoglienti». Elena è una freelance, lavora dalla scrivania della casa che ha affittato a Mondello e le sue giornate sono scandite dalla presenza del mare. «Mi alzo abbastanza presto al mattino e vado al mare, poi torno a casa a lavorare e cerco di ritornare a mare per pranzo, voglio godere il più possibile di questa spiaggia caraibica – continua il suo racconto -. La mia famiglia e i miei amici mi dicono che da quando sono qui sono molto rilassata e felice e vedono che sto bene, non tornerei mai più a vivere a New York. So che per molti di voi è un sogno pensare di vivere lì ma per me non lo è. Lì la gente è sempre troppo frenetica e corre ogni giorno senza darsi un attimo di tregua. In America sembrano tutti più vecchi dell’età che hanno perché sono tutti molto stressati. A Palermo sapete invece godere della lentezza delle cose».
Il principale cliente di Elena, che si occupa di storytelling e business development per le aziende, è palermitano, ma non è il motivo per cui lei ha scelto di vivere qui. «Sto seguendo un grosso progetto per questa società palermitana che ha implementato una piattaforma per creare una connessione tra aziende e freelance, ma loro credono molto nel lavoro da remoto e così sono andata in ufficio una sola volta. Questo mi lascia molto tempo libero che posso impiegare per conoscere la città o fare quello che mi piace». Il mondo del lavoro sta cambiando e un esercito di freelance sta per diventare il popolo dei digital nomads, gente che per lavorare ha bisogno solo di computer e connessione prendendo il buono della precarietà e vivendo, all’occorrenza, in diverse città del mondo. Palermo potrebbe essere in tal senso estremamente attrattiva per tutti quelli che il lavoro non lo cercano ma se lo portano dappresso.
«Credo che il mondo del lavoro stia cambiando – ribadisce infatti Elena, che rientra perfettamente in questo modello – e che tante aziende si stiano accorgendo del valore dei freelance. Collaborare con loro è più conveniente che assumere qualcuno internamente e il livello di professionalità è spesso molto alto, è un modo creativo di lavorare. Assumere una persona full time ha dei costi incredibili mentre un freelance può avere un background molto grande ed essere più economico. Questo ci consente di poter lavorare da ovunque ed è un grande vantaggio per me. Palermo è una città perfetta se hai un lavoro di questo tipo, perché è bella, è economica e si vive bene».
Ma alcune cose continuano a rimanere un incubo per chi viene da fuori e anche per i palermitani che sono abituati a certi tipi di lungaggini: «La burocrazia è un disastro, ho dovuto prendere la residenza qui ma per più di un mese mi sono occupata solo di questo, perché nessuno sapeva darmi informazioni certe su quello che dovevo fare». E poi ci sono cose che rimangono inspiegabili in questa città: «A Palermo la gente mi ferma per strada per dirmi che sono altissima, ma io mi sento normale. Sono alta 1,75. Questo mi sembra un po’ strano».
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