L’uva siciliana ritorna nelle tavole dei canadesi. Dopo cinque anni di blocco, i primi carichi sono già in partenza. L’annuncio era arrivato a inizio agosto dall’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici, che aveva resa nota la decisione delle autorità canadesi di riconoscere la validità dei controlli messi in campo dal Servizio fitosanitario regionale, «e l’eccellenza – ha dichiarato Cracolici – dei metodi di coltivazione e controllo qualità del comparto produttivo siciliano».
Si tratta di una fetta di mercato importante, che potrebbe consentire a un intero settore produttivo di tornare a respirare e che aveva pesato per circa 700 tonnellate di prodotto esportato all’anno, fino al 2007. Nello stesso anno, però, il Servizio fitosanitario canadese ha riscontrato su una partita di uva – secondo l’assessorato proveniente probabilmente dalla Puglia -, la presenza di un coleottero, considerato in Canada un parassita da quarantena.
Dopo un breve periodo di divieto delle esportazioni, con le Autorità fitosanitarie canadesi era stato concordato un metodo di disinfestazione con bromuro di metile per i carichi di esportazione; ma dal 18 marzo 2010 l’Ue ha vietato l’uso di questo disinfestante, determinando il blocco delle esportazioni per Sicilia, Puglia e Basilicata fino ad oggi.
Dopo una visita degli ispettori canadesi organizzata dal servizio fitosanitario regionale, è stata accettata la validità dei sistemi di controllo della Regione. Così sono stati riaperti i canali commerciali per l’esportazione dell’uva da tavola. «I primi carichi stanno già transitando – conferma l’agronomo Corrado Vigo -. Naturalmente ci auguriamo che i numeri rispetto al momento del blocco aumentino, si tratta di una produzione con un valore aggiunto ben diverso da quello che possono riscontrare gli agricoltori che immettono i loro prodotti nel mercato siciliano. Sono spesso critico verso le istituzioni, ma sarebbe un errore, al contrario, non evidenziare le eccellenze nella pubblica amministrazione e in questo caso è stato proprio così, l’Osservatorio per le malattie delle piante ha lavorato incessantemente dal momento in cui il canale commerciale è stato riaperto, anche nella settimana di Ferragosto, mentre tutti gli altri erano in ferie, controllando ogni carico destinato all’esportazione, per garantire i livelli qualitativi e fitosanitari fissati dal protocollo con le autorità canadesi». A gioire è, naturalmente, anche Coldiretti, secondo cui «la riapertura di un mercato economicamente agiato, per la bassa densità demografica e per lo stato sociale ricco, significa una importante gratificazione per i produttori. Esportare è certamente un guadagno, un ritorno economico apprezzabile significa tanto per l’economia agricola siciliana».
Per sapere quanto avrà inciso l’accordo sulle tasche degli agricoltori siciliani, bisognerà aspettare la fine della vendemmia, come conferma il responsabile del Servizio Fitosanitario regionale, Vito Sinatra: «È chiaro – precisa – che la Regione non può e non deve occuparsi dell’aspetto legato alla commercializzazione, non possiamo avere delle stime sugli incassi del comparto. In ogni caso quello delle esportazioni resta un importante canale da percorrere, al quale prestiamo particolare attenzione. Dopo l’uva da tavola, sarà la volta, speriamo, dei kiwi nelle tavole dei canadesi. I mercati esteri sono molto importanti per l’economia agricola siciliana, nel recente passato abbiamo aperto un canale importante per l’esportazione delle arance rosse in Cina e Giappone».
Un altro piccolo passo, ma che potrebbe rivelarsi determinante per l’economia agrumicola siciliana, in ginocchio perché schiacciata dal peso della concorrenza degli altri Paesi produttori del Mediterraneo. Ma, anche in questo caso, per fare un bilancio approssimativo, bisognerà attendere il prossimo inverno e la raccolta delle arance rosse di Sicilia.
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