L’ultimo saluto in chiesa a Camillo Pantaleone

STAMATTINA, AL SUO FUNERALE, NEMMENO UN POLITICO (TRANNE PINO APPRENDI)

Stamane, nella chiesa di Maria SS Madre a Palermo si sono svolti i funerali di Camillo Pantaleone per lunghi anni giornalista dell’ufficio Stampa dell’Ars. In una chiesa affollata da giornalisti, amici, parenti ed estimatori si notava – ed era questa la nota stonata – la quasi totale assenza (tranne Pino Apprendi) di quei politici che, per molti anni assieme a Camillo avevano vissuto le loro stagioni politiche all’interno del Palazzo dei Normanni.

Con Camillo Pantaleone, morto l’altro ieri, all’età di 67 anni, se ne va così un pezzo di storia del giornalismo palermitano. Ebbi occasione di conoscerlo e di diventare suo amico e collega ai tempi del glorioso giornale L’ORA, fucina di giornalisti, molti dei quali – come Camillo – poi diedero lustro alla carta stampata e alla libera informazione della nostra città, della Sicilia e del resto d’Italia.

La comune amicizia si è protratta nel tempo, fatta di argute e salaci battute di cui, con il suo accattivante sorriso e la sua ironia, era maestro e che ci scambiavamo spesso in occasione di casuali incontri alla Assemblea regionale all’interno della quale era, come detto, uno degli autorevoli responsabili dell’Ufficio Stampa.

Spesso mi rimproverava il fatto, e anche questo diveniva oggetto di battute ed ironie, che quasi mai, recandomi nel ‘Palazzo’, indossavo la cravatta prevista dal protocollo. Era divenuto un fatto personale e ci scherzavamo spesso su.

Il cerimoniale dell’Assemblea, da un po’ di tempo, è divenuto più rigido è oggi vieta categoricamente l’accesso a chi non indossa la cravatta. Quando andrò all’Assemblea, d’ora in avanti, indosserò la cravatta non tanto perché costretto da un cerimoniale per me discutibile, ma per il ricordo del mio amico Camillo che scherzandoci su, a me che gli dicevo che la cravatta era una istituzione borghese, rispondeva con il suo solito sorriso: “Mettitilla si no un ti fazzu trasiri”.

Ciao Camillo, in Paradiso, almeno lì, a quanto pare non c’è l’obbligo della cravatta.

Ignazio Coppola

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