L’omicidio di Carmela, Caruso punito con l’ergastolo Legale famiglia: «Rito abbreviato non più escamotage»

Non era scontato che il processo per l’omicidio di Carmela Petrucci finisse con una condanna, in appello, all’ergastolo. Non lo era perché Samuele Caruso, all’epoca dei fatti 22enne, aveva chiesto il rito abbreviato che porta nella stragrande maggioranza dei casi ad una commutazione della pena del carcere a vita a una condanna a 30 anni. Per questo motivo, la scelta del rito abbreviato negli anni è diventata sempre più una scelta di “comodo”, un escamotage, non tanto per i tempi ridotti del processo, quanto per la riduzione quasi automatica della pena

Ma la legge lo prevede e dunque a meno di una riforma in tal senso, le cose sono sempre andate così, con grande amarezza e dolore di quanti cercavano giustizia. Come i genitori di Carmela, Giusy e Serafino e i suoi fratelli, Lucia e Antonino, che da quando è iniziato il processo con rito e abbreviato, hanno sempre temuto che Caruso potesse non essere condannato al massimo della pena. Ma ieri pomeriggio, giustizia è stata fatta. Samuele Caruso, oggi 24 anni, è stato condannato all’ergastolo

«La corte ha riconosciuto la volontà omicidiaria anche nei confronti di Carmela – spiega a MeridioNews l’avvocato della famiglia Petrucci, Marina Cassarà -. Lui era sicuro che le due sorelle sarebbero state insieme; le ha viste uscire da scuola e sapeva che sarebbero arrivate insieme. Ha certamente voluto uccidere entrambe, motivo per cui quando le ha viste arrivare, non ha desistito. Se aveva deciso di andare ad uccidere Lucia, come lui stesso ha detto, ha pensato di colpire anche Carmela, perché è chiaro che la ragazza non sarebbe rimasta ferma a guardare uccidere la sorella. Carmela aveva sostenuto Lucia nella rottura della relazione. La rabbia si è estesa anche a Carmela che lui ha ucciso ancora prima di Lucia, per infliggere altro dolore alla ragazza che lo aveva lasciato»

«Non vi è conforto alcuno – continua il legale -, ma quella inflitta a Caruso è una pena giusta e che può servire da monito per chi decida di “risolvere” i problemi di coppia, uccidendo il partner o l’ex, nel caso specifico. Questa sentenza dice a chiare lettere a chi decide di togliere la vita a qualcuno, che rischia anche la sua, seppur in modo diverso. Nessuna legge del taglione, ma solo una giusta pena per un atto simile. L’unica soddisfazione è quella  giuridica – aggiunge –  e potremmo definirla una sentenza storica vista la scelta dell’abbreviato fatta dall’imputato, perché la scelta dell’abbreviato è per evitare ergastolo, perché la pena del carcere a vita viene commutata in trent’anni spesso». 

«Cosa ha fatto la differenza? L’aggravante dei motivi abietti e futili. L’aggravante della premeditazione, in casi come questi, viene sempre riconosciuta – spiega Cassarà -, diversamente da quella dei motivi abietti e futili che invece ha permesso al giudice di comminare la pena dell’ergastolo nonostante il rito abbreviato. Nel giudizio ordinario Caruso avrebbe avuto l’ergastolo con isolamento diurno che in caso di abbreviato diventa ergastolo semplice, poi commutato in 30 anni. Invece la presenza di quest’altra aggravante ha fatto sì che la corte decidesse per il carcere a vita. È una sentenza che ha quindi un valore simbolico, che fa capire che il rito abbreviato non è un escamotage, che puoi beccarti l’ergastolo lo stesso. E questo semplicemente applicando il codice». 

E su questo “risultato” importantissimo esprime soddisfazione anche il Coordinamento antiviolenza 21luglio che in questi anni di processo ha affiancato l’associazione Le Onde onlus nel sostenere la richiesta di giustizia di Lucia e della sua famiglia per il femminicidio di Carmela Petrucci, «La sentenza d’appello – scrive in una nota il coordinamento –  che conferma l’ergastolo inflitto in primo grado a Samuele Caruso, primo caso in Italia con la scelta del rito abbreviato, ha un grande valore politico. Anche il sistema giudiziario, finalmente ed in modo esemplare, riconosce infatti la gravità dei femminicidi, non ammettendone giustificazione alcuna».

Carmela, fu uccisa il 19 ottobre 2012 nell’androne di casa, al rientro da scuola. Samuele Caruso l’accoltellò venti volte e dopo si scagliò contro Lucia che lo aveva lasciato. Nessuno restituirà Carmela ai sui genitori e per questo non vi è soluzione, ma adesso c’è una sentenza importante, che potrà essere applicata nei casi di femminicidio e in tutti quei casi in cui qualcuno, soprattutto per “motivi banali”, pensa di poter togliere ad un altro essere umano, il bene più prezioso, la vita

Marta Genova

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