L’ombra della speculazione sul casolare di Impastato Tra affari, politica e un’associazione che copia Libera

C’è una via lunga e stretta a Cinisi, da poco ribattezzata 9 maggio 1978, ma conosciuta dai più come contrada Feudo. Percorrendola fino in fondo si giunge a un casolare che, a differenza delle moderne villette intorno, ha un aspetto quasi lugubre. Eppure è uno dei luoghi più conosciuti d’Italia: il posto in cui venne ucciso Peppino Impastato. Da quella notte di 38 anni fa è divenuto meta di pellegrinaggio, nonostante un precario cancello ne delimiti i confini. Il casolare appartiene a Giuseppe Venuti, possidente farmacista di Cinisi, che da tempo si dichiara disponibile alla vendita affinché diventi un bene aperto alla collettività. Eppure – nonostante da due anni il governatore Rosario Crocetta abbia posto un vincolo sul casolare – l’esproprio tarda ad arrivare. Perché non ci si accorda sul prezzo e per il silenzio della Regione. Per questo Venuti un anno e mezzo fa decide di affidare il bene in comodato d’uso gratuito alle associazioni Aglaia Onlus e Libera Cinisi. Quest’ultima estranea – a dispetto del nome – alla più nota Libera di Don Ciotti e ai familiari e amici di Impastato. «Un progetto non politicizzato», dicono i volontari. Che in passato però non hanno disdegnato la politica: a presiedere Libera Cinisi è infatti Domenico Micale, ex candidato a sindaco nelle passate elezioni amministrative, mentre a rappresentare l’associazione è spesso il nipote di Venuti, Manfredi Vitello, presidente della Pro Loco ed ex candidato al Consiglio con la lista di Micale. Ad alimentare il dubbio è anche la descrizione scelta per la pagina Facebook del gruppo: «Libera Cinisi – organizzazione politica».

Badalamenti? Tutto questo male non lo faceva

I tentativi di acquisizione del bene cominciano a settembre 2011. Durante l’amministrazione di Raffaele Lombardo, l’assessore al Bilancio Gaetano Armao offre 120mila euro a Venuti. «Io personalmente non l’ho mai incontrato – racconta il farmacista a MeridioNews –. Quando è venuto qui a Cinisi non mi ha né avvisato né convocato. Perciò non se n’è fatto niente». Quelle ricevute, secondo il dottore, non sarebbero state delle vere offerte. «Mi sono sentito preso in giro, mi dicevano che il casolare vale 100 o 150mila euro. Ma a quale valore guardano? – continua – Questi non sono soldi!». Del tutto diversa, invece, è l’interpretazione di Giovanni Impastato, fratello di Peppino: «Venuti in passato è arrivato addirittura a chiedere 500mila euro. Penso che Libera Cinisi sia un’associazione improvvisata e che il proprietario ci voglia speculare». «Non voleva vendere – conferma l’ex assessore Armao – Per questo, d’intesa col Comune, abbiamo avviato le procedure espropriative. Non so cosa se n’è fatto poi con Crocetta».

Peppino Impastato non è il mio eroe

L’obiettivo dichiarato da Libera Cinisi è quello di trasformare il casolare in un centro per la legalità, con il coinvolgimento attivo anche dell’istituto comprensivo del paese. «Giovanni Impastato ci attacca perché forse ritiene di essere il detentore unico della lotta alla mafia. Magari pensa che il casolare gli spetti di diritto dal momento che il fratello è stato ammazzato lì», spiega Manfredi Vitello. Che prende le distanze anche dall’associazione Rete 100 passi: «Non abbiamo preso nessun contatto neppure con loro, non orbitiamo in quel circuito». Impossibile però dire in che contesto graviti Libera Cinisi, perché all’attivo non risultano attività pubbliche dell’associazione. «Se il casolare fosse mio ci abiterei – continua Vitello –, non è che non ci si può vivere perché ci hanno ammazzato Peppino Impastato». L’iniziativa, infatti, sembra addirittura slegarsi dalla figura dell’attivista ucciso da Cosa nostra. «Non è un mio personale eroe, per me lo sono Aristotele e Platone – spiega il nipote di Venuti -. Ha lottato contro la mafia e questo lo condivido, ma fumava spinelli, aveva un linguaggio volgare ed era un isolato».

Questo, secondo Vitello, è il racconto degli anziani di Cinisi che l’ex consigliere ha fatto suo. «Ho deciso di occuparmi del casolare per spendermi per la collettività. Se mi avessero messo a disposizione un altro bene da gestire – continua – avrei accettato ugualmente. Rispetto comunque il dolore della famiglia e il fatto che la gente lo veda come un luogo di culto, così come rispetto la scelta del proprietario di non snaturarlo». Manfredi Vitello non si risparmia e parla anche di Tano Badalamenti, boss del paese negli anni Sessanta e Settanta, e mandante dell’omicidio Impastato: «C’è chi lo vede come un mafioso e ne parla come di una persona cattiva, anche se poi tutto questo male a Cinisi non lo faceva. Che sia stato lui o Riina o qualche altro a uccidere Peppino, poco importa, sempre di un omicidio di mafia si è trattato». E a proposito di mafia Vitello sembra avere le idee chiare anche sulla Mafiopoli sbeffeggiata un tempo da Impastato: «La mafia va sempre più svanendo, ora c’è la delinquenza che è diffusa e non è meno pericolosa della mafia – conclude -. A Cinisi c’è quello che c’è ovunque, non si può parlare di cultura della mafia e dell’omertà».

Silvia Buffa

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