Egregio direttore,
ho letto con molto interesse il vostro servizio sui beni archeologici siciliani di inestimabile valore ‘prestati’ ad altri Paesi del mondo, dall’Inghilterra agli Stati Uniti d’America. Confesso che non sapevo che, in cambio della restituzione della Venere di Morgantina, la nostra Regione ha ‘prestato’ agli Stati Uniti ‘pezzi’ archeologici di grande valore. La cosa mi ha lasciato di stucco. Come mai queste notizie non vengono divulgate? E come mai non si sa nulla circa la restituzione di tali beni archeologici?
Le chiedo, inoltre, se lei è a conoscenza del ruolo che in Sicilia ha sempre svolto la Massoneria nella gestione del patrimonio archeologico siciliano. Mi riferisco al grande giro di affari che, da sempre, sta dietro i grandi collezionisti privati che, in modo non sempre corretto, si impossessano di intere collezioni archeologiche. Ricordo che, nella seconda metà egli anni ’80 del secolo scorso, questa organizzazione era molto attiva a Siracusa, ad Agrigento, a Gela e a Morgantina. Voi della redazione di LinkSicilia cosa sapete?
Lettera firmata
Ben poco, caro lettore. Anche perché, in Italia, la Massoneria agisce sempre nell’ombra. Pensi che quasi tutta la sanità pubblica siciliana subisce l’influsso della Massoneria: ma, a parte le voci, di concreto si sa poco o nulla. E la stessa cosa vale per il mondo dell’archeologia. (a destra, un’immagine della Venere di Morgantina, foto tratta da tuttoperlei.it)
Negli anni ’80, in Sicilia, la presenza della Massoneria nel giro di affari che stava dietro i beni archeologici si ‘respirava’. Ma è sempre stato difficile trovare i nessi connettivi tra gli ‘incappucciati’ e i reperti archeologici. Ed è anche logico: gli ‘incappucciati’, in quanto tali, non mostrano il volto.
Sempre negli anni ’80, quando si parlava tanto della sparizione della Venere di Morgantina – quella restituita alla Sicilia – c’era il dubbio che dietro questa storia ci potessero essere i cosiddetti “Figli della Vedova”: ma erano solo laici dubbi non suffragati da prove.
Dietro il trafugamento e il commercio illegale di beni archeologici – assai attivo nel Sud d’Italia e, in particolare, in Sicilia – si devono distinguere due ‘strati’.
C’è il mondo dei cosiddetti ‘tombaroli’, gente piuttosto svelta, non sempre particolarmente colta, comunque molto competente nel riconoscere i ‘pezzi’ da commercializzare illegalmente.
Poi c’è il mondo dei collezionisti. Una cerchia ristretta di personaggi di grande cultura e grande esperienza. Siamo nell’alta borghesia. E’ il mondo che, dal secondo dopoguerra in poi, ha intrapreso questa ‘brillante’ attività: cioè quella di collezionare ‘pezzi’ archeologici – talvolta intere collezioni – conservandoli o vendendoli ad altri collezionisti sparsi in tutto il mondo occidentale, Stati Uniti d’America in testa.
Sono Massoni? Il dubbio l’abbiamo avuto. Soprattutto nella seconda metà degli anni ’80, quando ci siano occupati della Venere di Malibù e, in generale, del commercio di reperti archeologici tra la Sicilia e i musei privati di altre parti del mondo.
Che dirle, ancora? Che quando, qualche anno fa, la Regione ha siglato l’accordo con gli americani per la restituzione della Venere di Morgantina abbiamo avuto il dubbio che dietro ci potevano essere interessi massonici? Sì, il dubbio l’abbiamo avuto, ma come s fa a provarlo?
In ogni caso, come abbiamo scritto, quell’accordo ha solo penalizzato la Sicilia. Anche se il tema vero è un altro: perché la nostra Isola, con il proprio immenso patrimonio archeologico, non riesce a far decollare l’industria turistica? Guardando al passato – soprattutto al vorticoso giro di affari legato al trafugamento e alla vendita di beni archeologici che ha caratterizzato la Sicilia degli anni ’70 e ’80 – viene il dubbio che il mancato decollo turistico abbia finito con l’essere funzionale al depauperamento subito dal patrimonio archeologico e artistico siciliano. Ma è solo un dubbio, per carità.
Foto di prima pagina tratta da vivienna.it
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