Messina è green. Il rapporto di Legambiente sulla qualità della vita nelle città italiane premia la città dello Stretto che si posiziona prima a livello nazionale per aree a verde. Il dato assoluto si scontra però con quello relativo agli spazi fruibili. In questa particolare graduatoria, infatti, il capoluogo peloritano occupa soltanto il 77esimo posto. Ed è in quest’ottica che si spiega la quotidianità vissuta dagli abitanti, che fanno i conti con pochi spazi dove trascorrere il tempo libero.
A Messina, infatti, si contano sulle dita di una mano le zone verdi. Villa Mazzini nel centro, Villa Dante a sud, Villa Sabin a nord e, infine, il parco creato in zona Faclcata da privati che hanno parzialmente bonificato l’area. C’è poi la pineta di Camaro, rione a sud di Messina, e il parco Aldo Moro sulla circonvallazione, che ospita la sede dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia, ma che attende di essere aperto al pubblico. Rispetto all’estensione della città si tratta di piccoli polmoni verdi e spesso, come nel caso di Villa Dante, lasciati in stato di abbandono, in attesa che privati o associazioni sportive ridiano vita agli impianti presenti al loro interno.
A spiegarci il perché di questo piazzamento di Messina in classifica è Francesco Ricco, responsabile provinciale di Fare verde, l’associazione di protezione ambientale riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente, che ha come obiettivo quello di dare voce a chi non vota. «Di certo il dato di Legambiente si riferisce alla presenza della dorsale dei Peloritani – spiega Rizzo -. In realtà molti spazi sono da poco fruibili grazie all’intervento della forestale e dei privati che, in zona, stanno approntando varie aree».
Tra le attività promosse dai privati ci sono passeggiate a cavallo, parchi avventura e aree attrezzate per scampagnate e pranzi a sacco. «È chiaro che la gestione degli spazi pubblici, generando un circolo virtuoso, può creare opportunità di crescita culturale e sociale, al fine di avvicinare all’ambiente gli adolescenti e le famiglie», conclude Ricco. Ma la sensazione è che, al di là delle classifiche, c’è ancora tanto da lavorare.
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