Inaugurato tre anni fa e mai utilizzato: la storia dello scalo d’alaggio tra Cinisi e Terrasini conferma la mania tutta italiana, e ancor di più siciliana, del taglio del nastro che poi, a volte, resta l’unica opera effettuata. Quella colata di cemento da 400mila euro, in uno dei litorali più belli del palermitano, avrebbe dovuto fungere da supporto per le piccole imbarcazioni. Invece è rimasto un inno allo spreco, che nel frattempo è diventato anche un ricettacolo di rifiuti.
Una vicenda contorta, che ancora non vede la parola fine. A partire dal fatto che l’opera, seppur inaugurata a maggio del 2016, non è stata mai collaudata. Il motivo? Lo scalo d’alaggio avrebbe dovuto sorgere in un altro posto, ma la scelta della Regione è ricaduta su un’area che si trova al confine tra Cinisi e Terrasini. Alimentando l’ennesima disputa tra i due Comuni, che si spartiscono da tempo la gestione del porto: l’area peschereccia spetterebbe a Terrasini mentre quella diportistica a Cinisi. Così proprio sulla scalo d’alaggio sono fioccati i ricorsi, da parte del sindaco di Cinisi Giangiacomo Palazzolo e di un gruppo di cittadini. Contenziosi che di fatto hanno significato uno stallo lungo più di tre anni.
«Lo scalo non è autorizzato al momento, manca ancora di un collaudo perché c’è stato un disguido con la Regione sul posizionamento – dice il sindaco di Terrasini Giosuè Maniaci – Adesso noi come Comune stiamo provvedendo a fare questo collaudo, per successivamente riconsegnare l’area al demanio e conseguentemente si potranno chiedere le concessioni. Anche se la finalità è per la piccola pesca, quindi bisognerà vedere poi chi lo vorrà gestire: potrebbe essere qualche cooperativa o anche lo stesso Comune. Se prima però non si completa l’iter è difficile indicare tempi certi».
Per Terrasini, poi, oltre il danno c’è la beffa. Perché ad anticipare le somme per un’opera mai entrata in funzione e per giunta attualmente insabbiata, è stato lo stesso Comune. «Abbiamo dovuto lottare con la Regione, che ci aveva revocato il fondo europeo per la pesca che avrebbe dovuto finanziare lo scalo», ricorda ancora Maniaci. D’altra parte il progetto finanziato prevedeva una serie di altri servizi collaterali: le colonnine di servizio, ad esempio, e l’installazione dei bagni per metterli a disposizione dei pescatori. Anche questi servizi, però, non sono mai partiti. Ma almeno è possibile prevedere dei tempi di avvio, sia per lo scalo che per le opere annesse? O il rischio è di trovarsi di fronte l’ennesima incompiuta siciliana? «Siamo a buon punto ma non mi sbilancio sui tempi – è il commento di Maniaci – perché ci sta lavorando l’ufficio tecnico».
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