Lisca Bianca ritorna in mare dopo venti anni «Serve restauro per creare prospettive di vita»

Dopo vent’anni di abbandono, Lisca Bianca torna in mare per avventure di turismo sostenibile e attività di vela solidale. La storica imbarcazione in legno che fra il 1984 e il 1987 fece il giro del mondo insieme ai coniugi Albeggiani, Sergio e Licia, lo scorso 29 luglio è stata ufficialmente rimessa in acqua. Il varo, il classico rito della bottiglia in frantumi sulla chiglia, spetta a Sonia Palazzolo, la giovane protagonista del docu-film Lisca Bianca, la virata di Sonia, diretto da Enrico Montalbano e in fase di realizzazione. A ritrovare l’imbarcazione nel 2013 in un cantiere di Romagnolo sono Elio Lo Cascio e Francesco Belvisi, rispettivamente il coordinatore generale e presidente dell’associazione Lisca Bianca, nata in seguito al ritrovamento, e il curatore della parte tecnica. «La barca era in stato di abbandono, rischiava di venire demolita. Da quel momento è partita una sorta di lotta contro il tempo» racconta a MeridioNews Lo Cascio, che rivela subito di aver appreso la storia della celebre imbarcazione molto prima del ritrovamento. «Ho letto un libro e sono rimasto molto colpito dalla perseveranza della famiglia Albeggiani nel voler realizzare questo sogno di libertà – spiega – Da una lato provavo tristezza per la sua fine, dall’altro, invece, ero entusiasta perché c’era l’opportunità di far rivivere la sua storia».

I primi a mettersi al lavoro per restaurare Lisca Bianca sono cinque ventenni dell’Istituto penale per minorenni di Palermo. A questi si aggiungono presto tre giovani richiedenti asilo assistiti dal personale dello Sprar, un gruppo proveniente dalla Comunità di recupero Sant’Onofrio di Trabia, appartenente all’Istituto Don Calabria, e cinque assistiti Inail che hanno subìto incidenti sul lavoro. «La vela è uno strumento educativo per i ragazzi, perché insegna a saper stare in un gruppo, a fidarti dell’altro, oltre al fatto che, essendo un luogo diverso dalla terra, ogni tanto si entra in contatto con dimensioni più intime e più intense» continua Lo Cascio. «Il progetto rappresenta una fonte di apprendimento nell’ottica di un futuro inserimento lavorativo. È importante che ai ragazzi nasca di nuovo la voglia di vivere – prosegue – Prendendosi cura di Lisca Bianca, si sono presi cura di se stessi».

«I ragazzi sono stati coinvolti in duplice modo: hanno restaurato le parti in legno mobili e le acciaierie della barca, mentre ogni mercoledì uscivano per imparare l’attività di vela», spiega Nadia Lodato, responsabile dell’attività sociale al Malaspina. Una vera e propria doppia formazione, quindi. Un momento importante è stato quando i giovani dell’istituto penale e quelli della comunità terapeutica si sono incontrati per lavorare insieme. «I ragazzi si sono fatti prendere moltissimo da questo progetto, tanto che uno di loro ha deciso di prendere la patente nautica. L’iniziativa ha creato sinergie fra attori diversi», dice Lodato. In particolare i tre giovani dello Sprar hanno dimostrato una notevole abilità nel restauro, che potrebbe divenire la loro strada lavorativa futura. «Questi sono i motivi che ci hanno spinto a faticare così tanto in questi tre anni – conclude la donna – Adesso ci occuperemo anche del padiglione 5D dell’ex Fiera del Mediteranneo in cogestione col Comune di Palermo, dove continueremo il restauro di imbarcazioni ma anche a lavorare sull’oggettistica in generale».

A insegnare la vela ai ragazzi sono i volontari della Lega Navale sezione centro di Palermo. «La barca a vela è un micromondo in cui ogni persona è importante nella stessa maniera. Per effettuare una manovra ognuno deve fare il proprio dovere. Questo significa che tutti loro si sono sentiti importanti in barca», spiega il presidente Giuseppe Tisci. «Lisca Bianca è stata un momento di evasione. E potrebbe anche significare per i ragazzi provare a fare qualcosa di diverso, qualcosa che potrebbe diventare un lavoro». L’attività della Lega Navale continua anche adesso che la barca è in acqua. «Prendere parte a questo progetto è stato emozionantissimo – racconta ancora Tisci – Oggi che le barche sono in vetroresina e quando si usurano si rottamano, recuperare questa barca rappresenta una vittoria. Io rifarei tutto» dice l’uomo, emozionandosi. «Mi porterò sempre dentro questa voglia di stare insieme, al di là del proprio passato o del proprio handicap fisico, perché è solo insieme che si può andare avanti e che una barca può avere la sua manovrabilità. Dobbiamo divulgare il nostro sapere a tutti quelli che amano il mare, è una missione che abbiamo nel cuore».

Silvia Buffa

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