«Una notizia che sconvolge il mondo intero si è abbattuta anche su Catania dove il consumo di carne è elevatissimo». Il riferimento ironico del sito La liscìa catanese è alle ultime dichiarazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità. L’agenzia delle Nazioni Unite attiva nelle questioni sanitarie, infatti, lo scorso 26 ottobre ha sostenuto che l’eccessivo utilizzo di carne in cucina possa favorire l’insorgere di patologie cancerogene. «Ma cosa vieterebbe il catanese se dovesse trovarsi nella situazione di decidere, attraverso studi, cosa conviene mangiare e cosa no?», domanda il portale etneo. Che propone l’elenco dei cinque cibi catanesi da evitare. Una lista che, in queste ore, sta facendo il giro delle bacheche di numerosi utenti Facebook che vivono all’ombra del Liotro.
Uno degli «scempi» più gravi sarebbe la pasta alla Norma senza la ricotta salata. L’assenza del tipico latticino siciliano pare che troppo spesso venga sostituito in tavola dal parmigiano. «Dovrebbero fare comunicati ogni giorno in tutto il mondo affinché questo si possa evitare», sentenziano i curatori del sito. Quanta «rabbia quando la mamma per rimediare all’errore pronuncia la fatidica e terribile frase
Vabbè c’è u pammiggianu», scrive La Liscìa catanese. Che al secondo posto dei cibi ai quali dire un secco no inserisce i maccarruni cco niuru dei sicci. Pietanza che «si fa cche spaghetti». Una caduta di stile alla quale si piegano «rarissime specie di cuochi improvvisati», sottolinea il portale.
Di poco meno grave ai precedenti piatti sarebbe
a scacciata cco gabbaninu. La tradizione vuole che le si abbini la tuma e sembra che con troppa frequenza chi la prepari si lasci andare al più commerciale formaggio da banco. La scusa sarebbe sempre la stessa: «Accussì sa manciunu i picciriddi». Un peccato di cui si macchierebbero anche molte mamme che «se dovessero calcolare il tempo speso in cucina per la preparazione delle scacciate, si accorgerebbero di avere passato più anni in cucina a fare quello che altro».
A seguire La liscìa catanese aggiunge altre due peculiarità della cucina siciliana la cui filosofia è troppe volte travisata. Si tratterebbe del cannolu cca crema e della pammiggiana cche mulinciani arustuti. Il primo è definito «uno spettacolo indecente» rispetto alla versione con la ricotta del medesimo dolce. Per il secondo i termini di disprezzo non si risparmiano. Si tratterebbe, infatti, di un piatto che «non andrebbe né cucinato, né pensato, né permesso». Una versione light rispetto a quella che prevede la frittura della melanzana ma per la quale La liscìa catanese non ha dubbi, prescrivendo addirittura «l’ergastolo» per il cuoco troppo attento alla linea.
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