L’ira funesta del prode Antonello

“Tieniti stretti gli amici. Ma, soprattutto, tieniti stretti i nemici…”. E’ questa, grosso modo, una delle raccomandazioni che don Vito Corleone, in arte il Padrino, rassegna al figlio Michael destinato a prendere il suo posto. Un avvertimento sfuggito, non senza qualche buona ragione, a Gianfranco Zanna. Del resto, il buon Gianfranco non ha nulla a che spartire con il celebre personaggio del romanzo di Mario Puzo e non aveva motivo per considerare un “nemico” Antonello Cracolici. Cresciuti insieme nella Fgci siciliana – il ‘pollaio’ politico dove il vecchio Pci ‘allevava’ i propri ‘pulcini’ – tutto Zanna poteva pensare, ma non che un giorno Antonello lo avrebbe ‘pugnalato’ più o meno alle spalle (politicamente parlando, s’intende).
Nel 1996 Zanna, dopo una vita spesa prima nel Pci e poi nelle altre sigle che si sono succedute negli anni (l’ultimo è il Pd, ma non si sa quanto durerà ancora), era stato eletto deputato regionale. A Sala d’Ercole era entrato da segretario della federazione di Palermo del suo partito. Quache tempo dopo aver messo piede nel parlamento dell’Isola, Gianfranco Zanna commette l’errore degli errori: contribuisce a far eleggere Cracolici alla segreteria dei Democratici di sinistra del capoluogo dell’Isola.

Levati tu che mi ci metto io…
Cinque anni dopo, con la segreteria del partito in tasca, Cracolici ‘soffia’ a Zanna il posto di parlamentare regionale del collegio di Palermo. Da manuale. Con questo “levati tu che mi ci metto io” potrebbe cominciare il racconto dell’avventura di Antonello Cracolici, oggi potente (e prepotente) capogruppo del Pd all’Assemblea regionale siciliana. Se dovessimo far partire la nostra narrazione dal 2001, anno in cui Cracolici entra all’Ars, ci precluderemmo, però, la possibilità di conoscere i ‘successi’ dell’Antonello pre-deputato. E siccome, come vedremo, si tratta di atti e fatti che danno la misura (e che misura!) dell’ ‘acume’ politico del Nostro, non sarebbe giusto nascondere a chi ci legge il piacere di conoscere simili ‘gesta’.
Come abbiamo ricordato, Cracolici, palermitano del quartiere Zen, muove i primi passi nella Fgci. Di quel gruppo di giovani comunisti Antonello era un gregario di Zanna, di certo il più brillante della compagnia (ma il meno lungimirante, come abbiamo visto). Antonello, però, vanta una caratteristica che nessuno gli può negare: quando afferra un incarico non lo molla più. E lo mette a frutto. Con tutti i mezzi, belli o brutti che siano. E in questo – sarebbe ingiusto non riconoscerlo – è più doroteo dei dorotei democristiani.
La sua vita, nelle file dei giovani comunisti, scorre senza infamia e senza lode. Quando, nella prima metà degli anni ‘80, prova a ritagliarsi un po’ di spazio nel partito, viene guardato dall’alto verso il basso. Al massimo, lo utilizzano per organizzare le feste dell’Unità al Giardino Inglese di Palermo, lo storico appuntamento settembrino dei comunisti.
La fortuna di Cracolici si chiama Pietro Folena. Alla fine degli anni ‘80, questo giovane padovano – anche lui, neanche a dirlo, cresciuto nella Fgci – viene spedito in Sicilia in qualità di segretario regionale del partito. Obiettivo: infondere una ‘botta di vita’ a un Pci isolano che sembra un po’ troppo adagiato sul ‘consociativismo’.

La ‘crociata’ contro il consociativismo
A Palermo, nella vecchia sede del partito di Corso Calatafimi, il giovane Folena viene subito guardato con sospetto. Non tanto per quello che dice di voler fare, ma per le persone che ha deciso di mettersi accanto. E tra queste persone ci sono, neanche a dirlo, Zanna, Cracolici e Costantino Garraffa (si tratta del terzo consigliere-‘scienziato’ che il segretario regionale si porta in giro), subito ribattezzati i “Folena boys”.
Nel Pci-Pds di quegli anni si contavano tante ‘anime’. C’erano i riformisti (detti anche ‘miglioristi’, termine dipregiativo tanto caro ai ‘movimentisti’ del partito) di Michelangelo Russo. C’erano, appunto, i ‘movimentisti’ sempre pronti a criminalizzare gli avversari, considerati ‘nemici’ e definiti, di volta in volta, “collusi”, “consociativi” e via continuando con altri aggettivi-suggestivi ancora. Poi la vecchia guardia, schierata ufficialmente con Folena ma, in realtà, legata ad Achille Occhetto, segretario del partito in Sicilia dai primi anni ‘70 fino a dopo le elezioni politiche del 1976. Quindi Gianni Parisi, all’epoca capogruppo all’Ars, uomo di malo carattere, ma forse uno dei pochi che, a Sala d’Ercole e fuori, faceva per davvero opposizione ai governi regionali democristiani di quegli anni. E poi tante altre personalità e tante ‘galassie’ di impossibile definizione.
A parole, tutti si definiscono vicini al nuovo segretario regionale del partito. Praticamente, Folena boys a parte, quasi tutti, anche se per ragioni diverse, considerano il nuovo segretario regionale un mezzo intruso, ma fanno buon viso a cattivo gioco. Con l’eccezione del “Michelangelo della discordia” (cioè di Michelangelo Russo, all’epoca presidente della commissione Finanze dell’Ars, ribattezzata per l’occasione “l’imbuto rosso”, proprio perché presieduta dal comunista Russo), che non nasconde il proprio dissenso verso certe scelte di Folena, quasi tutti gli altri componenti della segreteria regionale del partito si comportano, come già accennato, da perfetti farisei: davanti al segretario fanno una faccia, dietro ne fanno un’altra.

La ‘Primavera’ che ammalia…
Folena, da parte sua, grazie anche ai consiglieri che si è scelto, dimostra di capire poco il partito; e dimostra, soprattutto, di capire ancora meno Palermo e la Sicilia. Nel capoluogo dell’Isola è in corso la ‘Primavera’ di Leoluca Orlando. E’ la giunta comunale che vede il Psi fuori dal governo della città e il Pci che appoggia, dall’esterno, un’amminitrazione dove lo stesso Orlando, ‘paladino’ dell’antimafia (o dei “Professionisti dell’antimafia”, come li definiva Leonardo Sciascia), convive con Salvo Lima, con la ‘benedizione’ degl’intriganti gesuiti della città di quegli anni (anche oggi, in verità, i gesuiti di scuola panormita dislocati tra il centro ‘Arrupe’ e Casa Professa non sono cambiati: anzi).
Quella di Orlando è un’esperienza amministrativa con luci e ombre. Della quale Folena, grazie anche agli esegeti del panormismo che si è messo accanto (il riferimento è sempre a Zanna e Cracolici), vedrà solo le luci ma ignorerà le ombre.
Tre le ombre che Folena non vede. Prima ombra: il coinvolgimento di Vito Ciancimino nella gestione degli appalti della città durante la stagione orlandiana. Seconda ombra: Folena non si accorge che, alla lunga, la rottura tra Pci-Pds e Psi consegnerà la città alle destre che, dopo Tangentopoli, si prenderanno tutto l’elettorato socialista. Terza ombra: a furia di andare dietro a Orlando, il Pci-Pds di Palermo perderà la carrozza cu tuttu ‘u scecco.
(fine prima puntata-continua)

Diogene Laerzio II

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