L’ingrosso della cocaina nel patronato a piazza Palestro Come funzionava l’acquisto con reddito di cittadinanza

Durante l’ora d’aria in carcere può capitare di parlare di tutto, anche di droga e affari. Argomenti che avrebbero trattato in un faccia a faccia, avvenuto nei primi mesi del 2021, i detenuti Gaetano Rizzo e Gioacchino Joy Strano, entrambi dietro le sbarre della casa circondariale di Caltagirone. Una storia che passa anche per un patronato Ugl per il disbrigo pratiche a piazza Palestro, a Catania, una lettera inviata dal carcere e, infine, per dei micro cellullari con cui Rizzo e Strano avrebbero comunicato con l’esterno, in particolare con la compagna del primo, Lorena Livio. Sono questi alcuni dei dettagli contenuti nelle carte dell’inchiesta antidroga Koala dei carabinieri.

Nel 2021 Rizzo spiega alla donna, attraverso una missiva inviata dal carcere, come si sarebbe dovuta muovere per gli approvvigionamenti di cocaina. Indicazioni precise che rimandano all’area di porta Garibaldi, conosciuta in dialetto catanese con il nome di Futtinu. «Cercate il patronato di là – scriveva Rizzo – ce n’è solo uno. Cercate Salvo Strano che già sa tutto». L’uomo in questione, nei cui confronti è stata applicata la misura cautelare in carcere, è il padre di Gioacchino Joy Strano, lo stesso che avrebbe trattato le forniture di droga in carcere con Rizzo, già finito nei guai nel 2016 nell’operazione Grimaldi square sugli affari del mondo degli stupefacenti all’ombra della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola. «Vi dà la cosa a 45 euro, però almeno 30 o coppu, io direi 50 che viene 2250 ogni volta». Trenta e cinquanta sarebbero stati, secondo gli inquirenti, i grammi di cocaina da acquistare periodicamente dentro al patronato. 

Uniche prescrizioni alla compagna quelle di non dare troppo nell’occhio e di pagare tutto e subito così «non facciamo parlare a nessuno». Rizzo, secondo quanto messo nero su bianco nelle carte dell’indagine, avrebbe goduto di protezione da parte degli Strano. Decisivo potrebbe essere stato l’intervento in difesa di Gioacchino Joy quando un detenuto, originario di Messina, avrebbe provato a colpirlo con una lametta all’altezza del collo. Tra una fornitura di droga e l’altra da cerchiare in rosso c’è la data del 7 maggio 2021. Quel giorno la compagna di Rizzo insieme al collaboratore Nicola Crisafi raggiungono il patronato, incontrano Strano e rientrano a Pedara, in un’abitazione utilizzata per tagliare lo stupefacente. Ad attenderli però trovano i carabinieri con i militari che riescono a recuperare 60 grammi di cocaina in pietra

La compagna di Rizzo, secondo quanto emerso nell’indagine, si sarebbe occupata anche della gestione del reddito di cittadinanza di cui beneficiavano alcuni tossicodipendenti. Soldi che, secondo i militari, servivano per pagare la vendita al dettaglio dello stupefacente. In alcuni casi la donna avrebbe trattenuto la carta gialla così da potere provvedere al prelievo della somma dovuta al momento dell’accredito. In un altro momento si decideva come muoversi in vista delle ricariche: «Sabato appena gli arriva il reddito – dicevano intercettati – comincio a chiamare a tutti, a raffica. Perché lo prendono quasi tutti, dal primo all’ultimo dell’elenco». 

Truffare il sistema del reddito di cittadinanza non è una novità di questa inchiesta. I beneficiari del sostegno economico possono prelevare solo una minima parte dell’importo, massimo 220 euro se nel nucleo familiare c’è un diversamente abile, ma per avere soldi in contanti esistono diverse trovate. C’è chi si rivolge ad attività che vendono prodotti essenziali – in cui per legge è possibile fare compere – e simula acquisti di merce tramite pos per ottenere in cambio soldi contanti. I commercianti compiacenti trattengono per loro una somma, solitamente una piccola percentuale, come una sorta di costo per la commissione. Altri, invece, prestano la carta a chi compra effettivamente generi alimentari nei supermercati, salvo poi farsi restituire in contanti il denaro utilizzato alla cassa. 

Dario De Luca

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