L’influenza nefasta del clericalismo

di Lorenzo Ambrosetti 

Si assiste da decenni, in Italia, ad un intervento massiccio della Chiesa cattolica su temi specificamente politici, cioè che riguardano l’assetto dello Stato inteso come Istituzione.

Questo deprecabile fenomeno ha assunto in questi ultimi venti anni, ossia dall’ascesa di Berlusconi in politica, la cosiddetta discesa in campo, un volto veramente preoccupante, anche perché il Cavaliera, pur di accattivarsi le simpatie del Clero, ha varato, quando era al Governo, una serie di provvedimenti legislativi tutti nel segno del più assoluto rispetto ed ossequio i nei confronti delle gerarchie vaticane.

Viceversa, non si sono stati varati, provvedimenti importantissimi, come la legge sulle unioni di fatto e la legge sul testamento biologico, le cosiddette dichiarazioni di fine vita. (a destra, foto di San Pietro tratta da it.wikipedia.org)

Siamo in presenza, almeno in Italia, di un diffuso clericalismo che investe la società italiana nel suo complesso, ed a cui nessuno degli esponenti politici che attualmente si competono la poltrona di Palazzo Chigi, sembrano volere porre rimedio, ad eccezione forse di Vendola e Grillo.

Per clericalismo si intende il comportamento di una Chiesa istituzionale che cerca di intervenire in ambiti della società civile che non le sono propri, per determinare le scelte e gli orientamenti, utilizzando comestrumento di intervento il Clero e le sue organizzazioni laicali, indirizzate così verso attività che esulano dai fini per i quali sono state create.

Il clericalismo concerne non tanto i rapporti tra Stato e Chiesa, come enti autonomi e indipendenti, ma i rapporti tra Chiesa e società civile; è quasi sempre conseguenza della formazione nelle Chiese di una casta dirigenziale che si considera depositaria ed arbitra di ogni potere ed autorità, e spesso indica quindi un atteggiamento che subentra anche all’interno delle stesse Chiese quando i Chierici ritengono di avere diritto nei confronti dei correligionari laici o subalterni, in nome del solo fatto di essere detentori del potere.

L’aggettivo clericale è di origine intra-ecclesiastica; ha per secoli indicato semplicemente ciò che era proprio del Clero. Solo dopo la rivoluzione francese, e precisamente verso la metà del secolo XIX, esso assume un significato polemico ed entra nell’uso corrente insieme con il suo termine antagonista e speculare, anticlericale.

Pochi anni dopo verrà anche sostantivato, ed il termine clericale finirà per indicare una categoria di persone ben individuate: in Francia, quei cattolici che si dimostravano, nei modi più diversi, fautori dell’”Ancien regime”; in Italia, per indicare quei cattolici particolarmente preoccupati di difendere le prerogative della Chiesa e i diritti del Papa, da cui, nelle stesse file del cattolicesimo si distinguevano i cattolici liberali poi quanti, dopo il 1870, si facevano paladini della riconquista da parte del Papa del potere temporale.

La Democrazia cristiana, per anni, si è fatta interprete di un diffuso e capillare clericalismo, che oggi ricompare, in forme diverse, persa l’unità politica dei cattolici, un po’ in tutti i partiti dell’arco costituzionale.

Tutti i partiti attualmente presenti in Parlamento, infatti, annoverano nelle loro fila, esponenti di spicco del mondo cattolico che, fatalmente, si attivano in politica con atteggiamento di doveroso ossequio nei confronti delle gerarchie vaticane.

Per misurare quanto la Chiesa cattolica tenga ad essere presente in politica, si tenga presente che non ha avuto nessun rimorso di coscienza ad appoggiare apertamente il governo di Berlusconi, a tutti noto per i suoi comportamenti apertamente ‘libertini’ e, comunque, ai confini del lecito.

Ciò significa che la Chiesa non distingue, va semplicemente secondo le proprie convenienze di potenza temporale, salvo poi a riservarsi il potere di incidere sulle coscienze individuali e collettive dei popoli, con ammonimenti che di sacro non hanno proprio un bel nulla.

 

Redazione

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