Controlli dichiarati ma mai effettuati, inspiegabili esiti positivi per pratiche riviste a rammendate a posteriori, somme percepite pur non avendo tutti i requisiti per ottenerle, certificati dell’Asp falsi, documenti compromettenti andati distrutti e sostituiti con documenti regolari. Tutto all’ombra di uno scambio continuo di favori e promesse che coinvolgevano imprenditori e funzionari pubblici. Funzionava così, per alcuni dirigenti, l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Palermo, che prontamente emettevano i decreti necessari per la realizzazione di opere a volte totalmente inesistenti. Un’associazione a delinquere a tutti gli effetti, finalizzata a truffare gli enti pubblici. Il modus operandi era piuttosto consolidato e permetteva di intascare milioni di contributi documentando spese fittizie, operazioni inesistenti e prestazioni mai rese.
Un sistema ben collaudato, insomma, che ha coinvolto nel blitz delle fiamme gialle 24 persone, quattro delle quali finite in carcere. Tra queste c’è una delle menti più prolifiche dell’intero sistema, il funzionario istruttore Filippo Cangialosi, che aveva «sostanzialmente abdicato alla propria pubblica funzione», per dirla con gli inquirenti. In un caso, ad esempio, «abusando della propria funzione e sfruttando i rapporti con i colleghi – si legge nelle carte -, aveva modificato e/o integrato i documenti presentati all’Ipa di Palermo, a seconda delle necessità dei clienti dello studio» tecnico di Marineo di cui lui sarebbe stato socio occulto. Averlo dalla propria parte significava, per qualcuno, avere «un santo in paradiso», uno che fornisce informazioni indispensabili e riservate quando necessario, spingendosi a volte a insinuarsi nel lavoro di verifica degli altri colleghi dell’ufficio. Uno che ci sa fare, insomma. Persino quando la situazione rischia di mettersi male, come in quei casi in cui la falsità dei documenti è stata macroscopicamente evidente al punto da insinuare il dubbio persino «nell’asino più lento che abbiamo in ufficio di cervello».
A ogni sollecitazione, pare che Cangialosi rispondesse «presente», attivandosi immediatamente e riservando trattamenti di assoluto favore. Dalle operazioni tecniche sistematicamente e scientemente procrastinate alle irregolarità e mancanze puntualmente sistemate. «Diecimila euro nelle mani mi devo mettere e glieli do – dice intercettato uno degli imprenditori, alludendo ai soldi da affidare a Cangialosi per i suoi servigi -, che io gli dico “questo è un acconto. Vedi che l’impegno ora è tuo”, neanche lo devo fare parlare». Sono tanti soldi, ma in effetti lui sembra uno bravo, uno dei pochi in grado di garantire sulla riuscita di certi affari. «L’influenza che ha questo cornuto lì all’Ispettorato non è normale…non è normale, cercano tutti lui».
Ma ogni intervento ha pur sempre dei limiti. Meglio, quindi, non prendersela troppo comoda se si deposita una pratica di fine lavori ma in realtà questi sono ben lontani dall’essere stati ultimati. «Vedete di chiudere il prima possibile, non confidate su tempi biblici – raccomandava il funzionario -, quando arriva un out out di Agea non c’è Filippo che tiene… non c’è direttore generale che tiene». Limiti oltre i quali non sarebbe bastato, in pratica, il suo intervento per salvare la situazione. Né quello degli altri colleghi dell’ufficio coinvolti tanto quanto lui in questo scambio di favori illecito. Cangialosi, infatti, lì a piazza Marina non è solo a smazzarsi certe vicende. A fargli compagnia c’è ad esempio, sulla base dei riscontri delle fiamme gialle, anche un altro funzionario dell’ente, Giuseppe Taravella, finito ai domiciliari.
Lui, però, è soprattutto ex presidente del Consorzio Agrario di Palermo S.c.a.r.l., società che era stata già ammessa a finanziamento con D.D.G. 1017/2011 del 2011, per un importo complessivo di 855.125,00 euro. «Nel mese di novembre 2017 – si legge nelle carte dell’inchiesta -, la domanda di pagamento relativa al saldo del progetto proposto dal Consorzio Agrario per un importo di 76.239,72 euro, veniva sorteggiata a campione Agea ai fini di un controllo ex post per la verifica del mantenimento degli impegni assunti. La consapevolezza di non potere superare il controllo (con conseguente onere di restituzione del finanziamento ottenuto) spingeva il Taravella a stringere l’accordo corruttivo con Cangialosi che, compiacente, dopo aver ottenuto l’incarico di costituire (in luogo dei colleghi precedentemente nominati) la commissione di controllo, “sorvolava” del tutto sulle problematicità del Consorzio, così emettendo un positivo provvedimento finale basato su dati falsi».
Ma la lista di nomi è lunga. E tra i funzionari coinvolti nell’indagine finiscono anche Lilli Napoli e Maria Concetta Catalano, entrambe membri della commissione di valutazione da oggi con obbligo di dimora e di presentazione. C’è anche Antonino Cosimo D’Amico, per tutti in ufficio solo Nino, all’epoca a capo dell’Ipa di Palermo, finito agli arresti domiciliari. Avrebbe aiutato l’avvocato e imprenditore agricolo Giuseppe Guttadauro, ai domiciliari anche lui, in relazione a domande di aiuto a valere sulla misura 4.1 del PSR Sicilia 2014/2020 per un totale di oltre 3,5 milioni di euro. In particolare, sembrerebbe che D’amico sia intervenuto sui membri delle commissioni di controllo affinché condizionassero in senso favorevole le valutazioni sulle istanze presentate da Guttadauro. Al solito, producendo false attestazioni, distruggendo documenti compromettenti sostituiti con altri regolari. In cambio avrebbe ottenuto la promessa dall’imprenditore che il suo nominativo sarebbe stato preso in considerazione per il conferimento dell’incarico di capo di gabinetto dell’assessore all’Agricoltura della Regione Siciliana.
«Pratiche clientelari» a tutti gli effetti, quelle che scandivano le attività degli uffici di piazza Marina. Ma è proprio questa «definizione amichevole» che costituisce «il fulcro dell’illiceità e cancerogeno fattore della gestione illecita delle pratiche all’interno della pubblica amministrazione».
Aggiornamento del 17 novembre 2021 – riceviamo e pubblichiamo
La posizione dell’avvocato Giuseppe Guttadauro è stata archiviata dal tribunale di Palermo con provvedimento dell’ufficio del giudice per le indagini preliminari.
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