«Caro Orlando, chi ci vuole morti?» È amaro l’incipit della lettera aperta al sindaco del capoluogo fatta da un professore di un liceo di Brancaccio, a Palermo. Problemi all’impianto elettrico, aule inadeguate e ora la minaccia di chiudere un intero piano seminterrato che ospita undici classi dopo un’ispezione dell’Asp: continuano, infatti, i problemi al liceo Danilo Dolci di Palermo che più volte, attraverso i suoi studenti e il corpo docente ha protestato per le sue carenze strutturali.
Questa volta è l’insegnante Roberto Alessi a scegliere Facebook, con una lettera aperta indirizzata al sindaco Leoluca Orlando: «Da quasi 17 anni il liceo ha sede in un bene confiscato alla famiglia mafiosa di Brancaccio – si legge sul social network – mai un euro è stato speso per adeguare il nostro impianto elettrico alle norme di sicurezza, né per sostituire i pericolosi infissi o ripristinare il dismesso impianto di riscaldamento. Invece, i soldi c’erano, e a fiumi, per pagare l’affitto di un edificio che, nel frattempo, è andato in malora: centinaia di migliaia di euro (finiti a chissà chi), per pagare l’ ‘affitto’ di un edificio già nostro, della collettività, almeno secondo la legge sui beni confiscati alla mafia». Il docente del liceo, che conta «1600 tra alunni e lavoratori e 47 studenti disabili», prosegue: «gli ispettori dell’Asp, chiamati da qualcuno per il terribile freddo di quest’anno, e arrivati quando il freddo era già finito, ci hanno intimato di esibire i documenti che consentono l’uso del piano seminterrato, documenti chiesti da anni ai funzionari della ex Provincia che ci hanno consegnato quelle aule nel 2004, e che non hanno mai risposto, nonostante i nostri reiterati solleciti. Senza quelle undici aule e quei laboratori saremo costretti a impossibili doppi turni, ad annullare gran parte delle attività (già programmate e obbligatorie) di alternanza scuola lavoro delle 40 classi del triennio, senza le quali – così stabilisce la legge – i nostri ragazzi non potranno neanche essere ammessi all’esame di Stato».
Nonostante tutte le difficoltà il liceo si è sempre distinto per i suoi numerosi laboratori, le attività sulla legalità, seminari e incontri con esperti e magistrati. Al punto da convincere tanti genitori a iscrivere i propri figli, e infatti, rispetto agli anni precedenti le iscrizioni sono aumentate: «Siamo un punto di riferimento importante per il quartiere di Padre Pino Puglisi – afferma il docente – Anche i marciapiedi, a Brancaccio, conoscono le nostre difficoltà strutturali. Eppure le famiglie, le ragazze e i ragazzi continuano a sceglierci e a preferirci. I nuovi iscritti per il prossimo anno scolastico sono di più, ma abbiamo subito troppi torti. Nei nostri 17 anni di attività siamo diventati un luogo di istruzione, educazione alla cittadinanza, promozione della cultura della legalità e della giustizia, ma siamo stati trattati con ingiustizia: c’è qualcuno che ci vuole morti. Siamo sicuri che quel qualcuno non è Lei, ma chi doveva ascoltarci e sostenerci, se non altro per doveri d’ufficio, ha fatto prima promesse da marinaio e poi orecchie da mercante».
Un rimpallo di responsabilità facilitato dall’abolizione delle province: «Da oggi però, il compito di trovare soluzioni ai nostri problemi e risposte alle nostre semplici domande è Suo, sindaco. Noi dobbiamo restare. Alla domanda “A chi appartieni?” vogliamo e dobbiamo rispondere, fieri: noi apparteniamo alle ragazze e ai ragazzi di Brancaccio. Sia gentile – conclude la lettera al primo cittadino – ci risponda».
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