Librino, sequestrato un arsenale pronto per l’utilizzo «Armi da guerra balcaniche di proprietà delle cosche»

Santapaola-Ercolano o Cappello-Bonaccorsi. Sono queste le due organizzazioni mafiose individuate come probabili proprietarie dell’arsenale che gli uomini della squadra mobile di Catania hanno sequestrato questa notte in una palazzina di viale Biagio Pecorino, nel quartiere popolare di Librino. Ne è certo il dirigente di polizia Antonio Salvago, anche se preferisce essere prudente sulla precisa individuazione del gruppo. «Non abbiamo ancora elementi sufficienti per puntare il dito verso l’uno o l’altro, ma per chi conosce la storia criminale di quell’area, è indubbio che una quantità così importante di armi si riferisca alle due cosche egemoni». 

«Armi da
guerra balcaniche, che vengono solitamente date in dote dai criminali dell’Est europeo in seguito ad accordi commerciali con le nostre famiglie mafiose – spiega Salvago – Tutte tenute benissimo e pronte per essere utilizzate per qualche rapina o, in alternativa, per azioni di fuoco». Sul tavolo della sala conferenza della questura, gli agenti mostrano il materiale sequestrato: 15 armi in tutto, trovate all’interno di una sacca in uno scantinato, accanto a cinque chili di cocaina, nello stesso palazzo dove vive il pregiudicato Lorenzo Giustino. I poliziotti si trovavano lì proprio per una perquisizione alla sua abitazione. Quattro kalashnikov, due pistole mitragliatrici Skorpion, tre fucili automatici calibro 12, due pistole calibro 9×21 con 55 cartucce, una calibro 9 con altre dieci cartucce, due revolver e tre giubbotti antiproiettile. Insieme a circa mille munizioni complessive. 

«Una potenza di fuoco da non sottovalutare – continua il capo della squadra mobile – bagaglio necessario per qualsiasi gruppo criminale che voglia imporsi come egemone sul territorio di competenza». Ancora da chiarire il ruolo di Giustino nella detenzione delle armi. Non si sa infatti se l’uomo, con precedenti penali legati alle sostanze stupefacenti ma non per reati di mafia, sia un semplice custode o un elemento interno alle organizzazioni.

Esclusa in modo netto invece l’ipotesi che le armi siano al centro di una
compravendita tra famiglie. «I fucili e le mitragliatrici sequestrate – conclude Salvago – pur essendo clandestine e con matricola abrasa, non sono sicuramente destinate al mercato nero. Non è questa la logica delle organizzazioni mafiose locali che, invece, preferiscono tenerle per accrescere i propri arsenali e, quindi, la propria pericolosità nei confronti degli altri».

Mattia S. Gangi

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