Libera, brucia terreno confiscato ai Riela «Impossibile che nessuno si sia accorto»

I volontari di Libera cominciavano a vedere i frutti di un anno e mezzo di lavoro, andati in fumo in una sola notte. Quella tra sabato e domenica, quando ignoti hanno dato fuoco a sei ettari di agrumeto in contrada Casablanca, vicino Belpasso. Sono andati in fumo duemila piante di arance e un centinaio di ulivi. Un terreno confiscato al clan mafioso della famiglia Riela e gestito dalla cooperativa Beppe Montana Libera Terra.

I volontari – in questo agrumeto lavorano in cinque, età compresa tra i 24 e i 46 anni – se ne sono accorti solo ieri mattina. Nessuna denuncia, nessuna segnalazione nel weekend. «Non sono andate a fuoco poche sterpaglie – spiega Alfio Curcio, uno dei ragazzi della cooperativa – qui parliamo quasi della metà di tutto il terreno, le fiamme saranno state molto alte, per non parlare dell’odore e del rumore che produce un incendio di queste dimensioni. È impossibile che nessuno se ne sia accorto». C’è rabbia e sconforto tra i giovani volontari che hanno presentato denuncia contro ignoti ai carabinieri di Belpasso. «Non hanno trovato tracce di carburante – racconta Curcio – ma in campagna basta un cumulo di sterpaglie per appiccare il fuoco». C’erano, invece, un buco nella recinzione metallica che circonda per intero il terreno e i resti di un orologio bruciato.

Sulle possibili cause dell’incendio i ragazzi non hanno molta voglia di sbilanciarsi, preferiscono aspettare i primi responsi degli inquirenti. «Recentemente non abbiamo avuto nessun problema, né abbiamo ricevuto minacce», precisa Curcio. L’incendio del terreno confiscato alla famiglia Riela, affiliata ai Santapaola, arriva poche settimane dopo la cessazione delle attività dell’azienda di trasporti sottratta dallo Stato allo stesso clan, con sede sempre a Belpasso. La ditta è stata messa in liquidazione e sarà venduta. «Se chiudiamo – aveva detto il direttore tecnico della Riela trasporti – è perché in realtà comanda un altro Stato, quello della mafia». Curcio si limita ad ammettere che la concomitanza dei due eventi è «una strana coincidenza».

Nessuna dichiarazione affrettata, ma tra i responsabili della cooperativa nasce qualche suggestione. «Quando è scoppiata la bomba alla scuola di Brindisi – riflette quasi sottovoce Giuseppe Strazzulla, coordinatore di Libera Catania – era appena passata la carovana antimafia, non posso non pensare che la stessa carovana è passata da queste parti proprio ieri, ma è solo un pensiero». Che però si insinua fino a generare un pizzico di sconforto. «Per quindici anni – racconta Curcio – questo terreno è rimasto nell’incuria più totale. Eravamo riusciti a farlo rivivere, e proprio quando non c’erano più cespugli e sterpaglie ha preso fuoco. Non ci resta che rimboccarci le maniche: qui c’è da estirpare e reimpiantare tutto di nuovo». Una cosa è certa: «Non ci fermeremo».

Salvo Catalano

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