Sei anni di reclusione. Si è concluso così il processo d’appello bis celebrato a Palermo a carico dell’ex senatore di Forza Italia ed ex sottosegretario agli interni Antonio D’Alì. Il primo processo d’appello, celebrato nel 2016, si concluse con l’assoluzione del politico trapanese.
Poi la decisione della Corte di Cassazione che aveva annullato con rinvio. La Procura generale, con la pg Rita Fulantelli, aveva chiesto la condanna a 7 anni e 4 mesi, mentre la difesa aveva invocato l’assoluzione. Per ben vent’anni il politico trapanese, oggi sessantanovenne ha seduto sugli scranni del senato. È stato sottosegretario all’interno dal 2001 al 2006.
Negli ultimi anni D’Alì è uscito fuori dalla scena politica dopo la richiesta dell’obbligo di soggiorno, da parte della direzione distrettuale antimafia di Palermo, che lo costrinse a ritirarsi dalla corsa a sindaco di Trapani nel 2017. Di recente la Cassazione ha confermato la revoca della misura di prevenzione. Secondo l’accusa nel corso della sua attività politica e istituzionale ha «mostrato di essere a disposizione dell’associazione mafiosa Cosa nostra e di agire nell’interesse dei capi storici come il latitante Matteo Messina Denaro e Salvatore Riina».
Tra i vari episodi contestati all’ex senatore forzista, il caso della Calcestruzzi Ericina, confiscata al boss Vincenzo Virga e il trasferimento dell’allora prefetto di Trapani, Fulvio Sodano, “colpevole” di essersi opposto alla vendita dell’azienda a un uomo di fiducia delle cosche trapanesi. Sodano secondo l’accusa venne allontanato da Trapani proprio per volere di D’Alì. Secondo l’accusa inoltre, il politico trapanese avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella gestione di alcuni appalti per importanti opere pubbliche, dai lavori per il rifacimento del porto di Trapani, in occasione delle fasi preliminari della Coppa America i Luis Vuitton Act’s alle opere per il rifacimento del porto di Castellammare del Golfo.
Dei presunti collegamenti tra D’Alì e Cosa Nostra trapanese inoltre hanno parlato nel corso degli anni diversi pentiti. Le loro dichiarazioni sono state ritenute attendibili dai giudici d’appello. Si dice stupita dalla sentenza di condanna, la legale di D’alì, l’avvocata Arianna Rallo, che ha dichiarato di attendere il deposito delle motivazioni per valutare il ricorso in Cassazione.
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