«Come io ho cercato di venirvi incontro negli ultimi due-tre anni in tutti i modi, insomma, mi attendo lo stesso trattamento da parte vostra». Non uno scambio di favori, ma l’ipotesi di un reato di concussione dietro la frase pronunciata da Francesco Basile. Classe 1955, ex rettore dell’Università di Catania e direttore dell’unità operativa di Clinica chirurgica all’ospedale Policlinico Rodolico-San Marco di Catania. È dalla sua figura che è partita l’inchiesta che ha portato ai domiciliari l’ex assessora comunale e candidata alle Regionali con Fratelli d’Italia Barbara Mirabella. Per lei l’accusa è di corruzione per una mazzetta da 10mila euro. Il punto di incontro tra i due sarebbe stato il convegno della Sic. La società italiana di Chirurgia di cui Basile era presidente del consiglio direttivo. Per l’evento, la società New Congress – con sede nel Napoletano – che lo organizza, affida dei servizi alla Expo. La ditta che, pur avendo passato la titolarità formale alla madre, avrebbe continuato a gestire Mirabella. Mediatore tra i diversi diverbi che rischiavano di fare saltare gli accordi, Basile avrebbe pure creato una chat di gruppo su WhatsApp – chiamandola I due di Napoli – in cui avrebbe inserito i manager e Mirabella per «scambiarsi messaggi senza fare telefonate e cose».
Ed è sempre in qualità di presidente del consiglio direttivo della Sic che, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe costretto i rappresentanti di una società che commercializza robot sanitari a versare 80mila euro come contributo per la sponsorizzazione per la realizzazione di quel convegno del settembre del 2021. Circa quattro mesi prima, Basile avrebbe avuto un primo contatto con l’amministratore delegato di Medical Ti, società partner di Ab Medica, Giovanni Trovato (anche lui coinvolto nell’indagine). L’obiettivo è chiedere un incontro perché «ci sono dei discorsi importanti […] Alcuni che interessano a me e alcuni che interessano a te». Per spiegare con chi sta interloquendo agli altri che sono con lui a una riunione per organizzare l’evento, il medico spiega che «è quello che mi ha fatto una capa tanta – dice ridendo – per comprare il robot e io glielo comprai! Due milioni e mezzo. Quindi voglio vedere […] Io gli dirò: meno di 100mila euro non ti presentare! Perché, se no, gli boicotto tutti i robot che ci sono». Insomma, dalle intercettazioni, per l’accusa emerge che Basile avrebbe prospettato atti estorsivi in caso di mancata o inadeguata partecipazione economica al convegno.
L’incontro tra l’ex rettore e Trovato, in effetti, sarebbe avvenuto qualche giorno dopo: «A me secca ricordare il passato – esordisce Basile – Ma, visto e considerato che al momento noi siamo gli unici, se ci mettiamo di lato, come si suol dire, il materiale di consumo qua chi lo fa?». Insomma, Basile esordisce rinfrescando la memoria all’amministratore: «Io faccio presente che l’unico robot che c’è a Catania è stato acquistato da me, cioè con l’Università quando io ero rettore», sottolinea. E, in effetti, il consiglio d’amministrazione di UniCt nel corso di una seduta di marzo 2018 ha autorizzato l’acquisto di un sistema chirurgico robotico (dal costo di 2 milioni e 850mila euro, Iva esclusa) con una procedura negoziata e senza la pubblicazione di un bando di gara. L’ateneo – di cui all’epoca era rettore Basile – ha poi ceduto il robot in comodato d’uso gratuito all’azienda sanitaria Policlinico di Catania.
«Mi hanno chiesto consiglio, se vale la pena o meno […] – aggiunge ancora Basile durante la conversazione con Trovato – Io ho la possibilità di darvi una mano d’aiuto anche per ulteriori insediamenti robotici nel nostro territorio […] La memoria a volte aiuta a potere operare bene – aggiunge – Ripeto: come io ho cercato di venirvi incontro negli ultimi due-tre anni in tutti i modi, insomma, mi attendo lo stesso trattamento da parte vostra». Trovato capisce l’antifona tanto che avrebbe mandato una mail ai vertici di Ab Medica in cui «quella cifra l’ho indicata per come eravamo rimasti io e tu». Ottantamila euro. Un importo a cui si sarebbe arrivati dopo un ultimo incontro a Pisa (in Toscana) tra Basile e una responsabile di Ab Medica alla quale, come lui stesso racconta, avrebbe fatto una «lavata di capo di mezz’ora». L’azienda, alla fine, rientra tra gli “sponsor d’argento” del congresso.
Anche in questo una questione di ruoli che si sovrappongono. Nella sua veste di direttore dell’unità operativa di Clinica chirurgica del Policlinico di Catania è accusato di avere autorizzato due medici in quiescenza (padre e figlio entrambi indagati) a effettuare quattordici operazioni all’interno delle sale operatorie dell’ospedale. Operazioni chirurgiche che sarebbero state effettuate dai liberi professionisti per ottenere profitto non solo all’interno dei locali, ma anche servendosi del personale infermieristico, delle attrezzature e degli strumenti operatori del nosocomio. Nelle cartelle cliniche e in tutta la documentazione amministrativa, però, i nomi dei due medici non sarebbero mai comparsi. Al loro posto, quelli di altri dottori che, talvolta, nei giorni delle operazioni chirurgiche erano perfino assenti.
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