Dalla via Olgettina a Milano alla di certo meno conosciuta via Salita Papardo a Messina. A distanza di quasi nove anni, il dominicano Carlos Ramirez De La Rosa torna sulle pagine dei giornali. Il motivo è sempre lo stesso: trafficare cocaina da un continente all’altro, facendo da collante tra i narcos colombiani e gli acquirenti italiani.
Ramirez, oggi 35 anni, è tra le undici persone arrestate ieri dalla guardia di finanza di Messina nell’ambito dell’operazione Cafè Blanco. Il suo è il nome più illustre tra quelli che avrebbero fatto parte della rete di approvvigionamento di droga da smistare lungo la costa ionica, grazie alla regia di Salvatore Zappalà, 41enne residente nel piccolo centro di Sant’Alfio, ma avvezzo ai viaggi all’estero. Trasferte che, per i magistrati della procura messinese, avrebbero avuto principalmente lo scopo di contrattare le forniture di cocaina e metanfetamine. Principale punto di riferimento del siciliano sarebbe stato proprio Ramirez, l’uomo che ad agosto del 2010 venne arrestato a Milano, dopo essere stato trovato in possesso di oltre cento grammi di cocaina che, poco dopo, in seguito alla scoperta di un trolley, diventano più di dieci chili.
Ma per quanto la quantità sia ragguardevole, Ramirez finisce al centro dell’attenzione per un altro motivo: la sua fidanzata del tempo è Maria Esther Garcia Polanco, vicina all’ex consigliera regionale della Lombardia Nicole Minetti e tra le maggiori frequentatrici delle «cene eleganti» – altrimenti conosciute come bunga bunga – che Silvio Berlusconi organizzava nella sua villa ad Arcore. Ramirez, all’epoca dell’arresto, condivideva il tetto con Polanco in uno degli appartamenti pagati proprio dall’ex premier.
Da allora di tempo ne è passato. Per quei fatti, il dominicano è stato condannato a otto anni, venendo scarcerato a maggio del 2016. Buona parte della detenzione la passa nella casa di reclusione di San Cataldo, condividendo gli spazi per un periodo con Zappalà e Antonino Di Bella, anche lui arrestato ieri. Per i magistrati, è in quel frangente che i tre potrebbero avere allacciato i rapporti, che in futuro si sarebbero riversati nel mondo degli affari illegali. L’inchiesta nasce infatti con l’individuazione di uno strano pacco che, sulla carta, dovrebbe contenere caffè. Siamo alla fine di luglio del 2017, quando la confezione viene bloccata alla dogana a Roma. A insospettire il personale sono diversi aspetti: i precedenti problemi con la giustizia della destinataria – ovvero Tindara Bonsignore, anche lei tra i destinatari della misura cautelare -, la provenienza dalla Colombia e la conformazione di quel caffè presentato come un regalo. I dubbi si trasformano in certezza, quando il narcotest conferma che i chicchi non sono solo ricoperti di cioccolato ma nascondono anche ovuli di cocaina.
Tutto ciò comporta il blocco del pacco per più giorni. Tempo utile a mettere sotto controllo i telefoni dei protagonisti e monitorarne le reazioni. Ramirez, che dall’estero è in attesa della consegna, cerca di sollecitare i siciliani affinché capiscano cosa è successo a quello che definisce «il miglior caffè al mondo quest’anno». Alla fine la confezione viene recapitata a Bonsignore, che viene subito arrestata insieme a Carmelo Sangricoli, ritenuto uomo di fiducia di Salvatore Zappalà. Il cuore dell’indagine però va avanti con gli inquirenti che continuano a seguire le mosse di Ramirez e Zappalà, monitorando tra l’altro i pagamenti tramite money transfer, che sarebbero serviti a pagare le forniture di droga, provenienti da Bucaramanga, in Colombia.
Per i due gli affari non sarebbero stati tutti in discesa. In un’occasione, per esempio, si registra il mancato pagamento di una somma che sarebbe spettata a Ramirez. Fatto questo che mette in cattiva luce Zappalà, il quale, addebitando la responsabilità a terzi, finisce per decidere di spostarsi in Germania e trovare un lavoro legale. Probabilmente come copertura, ma sicuramente per stare lontano dalla Sicilia in un momento in cui l’uomo ammettere di essere non sentirsi sereno. Dal canto suo Ramirez e la nuova compagna Magalys Sanchez Hechevarria – finita ai domiciliari – continuano lungo la propria strada, fatta di ripetuti spostamenti tra il Sudamerica e l’Europa. L’uomo, che per viaggiare usa un passaporto intestato a Rerry Marlon Herrera Fischer, un giorno, parlando al telefono con un detenuto in Argentina, dice di voler lavorare da solo perché circondato da persone incapaci. Ma la sfiducia è momentanea. Grazie anche a un soggetto – conosciuto con il nome di El Diablo e a suo dire esperto nel traffico di stupefacenti a livello internazionale attraverso i container – la voglia di continuare non tarda a ritornare. «Mi piace perché fa le cose per bene. Per questo gli do fiducia, so che lavora con la gente giusta», spiega l’uomo alla compagna. Alla quale confida anche il convincimento di potere «diventare milionario a breve».
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