L’Etna su Discarica channel, la video-denuncia «Non esiste solo la zona A, guardiamo al resto»

«Non ci interessa qual è l’ente che si deve occupare di vigilare e pulire, basta che qualcosa si muova». È lo spirito che muove i ragazzi di Etna walk, l’associazione che da anni si batte per la salvaguardia del vulcano catanese. Anche con ironia. Stavolta, per festeggiare l’anniversario dell’inserimento dell’Etna tra i siti patrimonio dell’umanità Unesco, arriva un nuovo video di denuncia. E a spiegarlo basta il titolo: Discarica Channel. «Abbiamo realizzato una puntata di un finto Discovery channel, con le presentatrici in mezzo alla spazzatura che si alternano alle immagini più belle dell’Etna», spiega Giuseppe Distefano, componente del gruppo e autore delle riprese assieme a Maria Aloisi e Marco Restivo. Le immagini sono state realizzate in cinque siti diversi, che gli autori hanno geo-localizzato «in modo da poter essere individuate agli enti competenti», spiega Distefano. 

Nelle aree immortalate sono stati trovati rifiuti di ogni genere, plastiche, materiali di risulta ma anche vasche di eternit. «C’è una dicotomia molto forte tra l’immondizia e gli scenari naturali. Per questo abbiamo scelto di inserire entrambe le immagini nello stesso frame». Per aumentare il contrasto i testi recitati dalle due presentatrici sono stati selezionati dal sito ufficiale del Parco dell’Etna. «Vogliamo far capire che non esiste solo la zona A che tutti celebrano come patrimonio dell’Unesco, ma anche le altre tre, che invece sono in condizioni vergognose». Il riferimento è alla suddivisione del territorio del vulcano. Aree vastissime identificate anche sulla base del livello di tutela. Le cui condizioni erano già state sottolineate da Etna walk in un altro video di denuncia pubblicato due anni fa: Happyzzamu, sulle note del tormentone musicale di Pharrel Williams

Il nuovo prodotto vuole essere il primo di una serie a puntate, caratterizzate da un logo abbastanza esplicito: un gabinetto con degli alberi che escono fuori dalla tazza. L’idea, spiega Distefano, «è nata da Michela Costa, noi l’abbiamo perfezionata lavorandoci sodo negli ultimi mesi». L’intento del progetto è quello di sensibilizzare i cittadini a non sporcare le aree verdi ma, soprattutto, smuovere le istituzioni che sono preposte alla vigilanza e all’ordine. «Sappiamo benissimo che non compete all’ente Parco pulire, sappiamo altrettanto bene però che qualcuno deve proteggere l’Etna. C’è qualche anello mancante tra chi si occupa di tutela, per questo vorremmo che si ricucisse lo strappo tra chi deve segnalare e chi deve vigilare e agire». 

Mattia S. Gangi

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