La catanesità racchiusa in tre linee e quattro colori: il nero dell’Etna, il rosso della lava, il bianco del cielo e l’azzurro del mare. «È un esperimento di design democratico per visualizzare l’essenza di Catania e di tutta la sua provincia», spiega a MeridioNews Giuseppe Liuzzo, in arte Bob, il creatore del simbolo che ha già riprodotto sulla facciata di un bar-coworking in via Monserrato e su un muro di via San Michele.
Graphic designer e coordinatore didattico allo Ied (Istituto europeo di design) di Milano, il 32enne è un catanese che si sente «in colpa – ammette – per avere lasciato, ormai molti anni fa, la città. Per questo ho deciso di farle come regalo un simbolo territoriale». Ben diverso dal concetto di logo turistico della città presentato all’epoca in cui era sindaco Enzo Bianco. «Non si può pensare ancora di ragionare come fanno quei ristoratori che propongono il menù turistico. Bisogna piuttosto centrarsi sul territorio – sottolinea – perché, tra l’altro, il turista si porta dietro solo quello che il residente si porta dentro».
Una provocazione per il suo mestiere, fatto sempre più su commissione, e un dono per «i catanesi che potranno decidere se questo marchio democratico li rappresenta». Più dei simboli già riconosciuti in città, il Liotru da una parte e Sant’Agata dall’altra. «Il problema di questi – spiega Liuzzo – è che possono escludere e dividere, mentre l’Etna unisce tutti: è qui da prima di noi e camminiamo su ciò che ha creato lei, e poi – aggiunge – appartiene non sono ai catanesi di città ma anche a quelli della provincia».
Un sistema grafico semplice che non dipende da nessuna forma: può essere un cerchio, un quadrato, un rombo o anche una forma astratta. «La cosa fondamentale – ribadisce Liuzzo – è che non sia vincolato o intrappolato». Al momento è stato realizzato con delle bombolette spray su due muri della città, uno rotondo e uno quadrato. «Un modo per dimostrare che chi nasce tondo può anche morire quadrato», racconta Bob sorridendo. Un disegno facilmente riproducibile da chiunque «perché non è un simbolo mio ma vorrei che fosse di chiunque ami la città, perché tutti dovrebbero sapere disegnare ciò che amano».
«Io da designer lo immagino ovunque: spillette, sottobicchieri, magliette, cartoline, bandiere, e mi piace anche immaginarlo su una torta – continua – ma soprattutto come uno strumento di didattica da utilizzare anche con i bambini e gli adolescenti. Sono curioso di capire cosa ne faranno i catanesi. Mal che vada – ironizza – potrebbero anche utilizzarlo come tiro al bersaglio».
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