La candidatura di Leoluca Orlando a sindaco di Palermo ha tanti meriti , ma sopra tutto uno: ha, di fatto, determinato una netta linea di confine tra chi pratica la politica per la politica, cioè fine a se stessa, e chi continua ancora a pensare alla politica come bene comune.
Adesso il popolo del centro sinistra non ha più scuse: abbiamo assistito ad una consultazione (le primarie) che ha suscitato non pochi dubbi sulla correttezza dello svolgimento e che, al di la dei fatti oggetto di indagini da parte della magistratura, ha dimostrato il venir meno del concetto di lealtà che deve essere alla base di ogni consultazione democratica.
Di fronte ad un tale sfacelo non pochi elettori erano disorientati, delusi, quasi incapaci di reagire a metodi di vecchia politica, di ancien regime, di comportamenti che nulla hanno a che fare con la cultura con la tradizione di sinistra di questo Paese.
Orlando ha percepito tutto ciò e con grande senso di responsabilità (che gli fa onore) ha deciso di dare una speranza a chi, diversamente, non avrebbe avuto punti di riferimento. Quindi tutto chiaro, chi crede che tutto ciò sia vero non avrebbe dovuto avere dubbi su chi sostenere alle amministrative.
Ma non è stato così, abbiamo visto come partiti e singoli politici dopo aver per settimane gridato allo scandalo e alla espropriazione dei diritti democratici incomprensibilmente hanno deciso di fare altro, cioè di stare con quelle stesse persone che fino a ieri rappresentavano il male assoluto.
Finalmente un po di chiarezza. Oggi sappiamo con certezza chi preferisce far prevalere le ragioni del bene comune rispetto a chi preferisce operazioni di ‘Palazzo’, magari etero guidate da qualche leader nazionale che utilizza Palermo come merce di scambio per operazioni che nulla hanno a che fare con lamore per Palermo e i palermitani.
Adesso, paradossalmente, non è più neanche importante saper chi vince come vince e se al primo o al secondo turno, adesso sappiamo chi letica la predica e chi letica la pratica.
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