Legge sulle Province: la presidenza dell’Ars e il Governo hanno calpestato la volontà del Parlamento

E, INDIRETTAMENTE, ANCHE LA VOLONTA’ POPOLARE. L’ARTICOLO 117 DEL REGOLAMENTO DI SALA D’ERCOLE NON PUO’ ESSERE UTILIZZATO CON ARTIFIZI E RAGGIRI. NE’ LA SUA UTILIZZAZIONE PUO’ ESSERE PARTE DI UN ‘DISEGNO’ POLITICO E PARLAMENTARE. IL RUOLO SCORRETTO DEGLI ALTI BUROCRATI

La volontà del Parlamento siciliano è stata calpestata? La presidenza dell’Ars, in combutta con i vertici burocratici di Sala d’Ercole, ha, di fatto, riscritto alcuni passaggi della legge sulla ‘presunta’ riforma delle Province, calpestando la volontà dell’Assemblea regionale siciliana e, indirettamente, del corpo elettorale?

Sono domande legittime che vengono fuori esaminando, a freddo, quanto avvenuto ieri a Sala d’Ercole. Dove abbiamo assistito a un’utilizzazione impropria dell’articolo 117 del Regolamento dell’Ars. Un’operazione, spacciata per ‘tecnocratica’, ma in realtà politica al cento per cento, ‘pilotata’ in modo piuttosto spregiudicato dal presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, e dall’alta burocrazia del Parlamento siciliano che, ancora una volta, invece di lavorare nell’interesse dell’Amministrazione (e quindi della collettività), ha lavorato nell’interesse del Governo.

C’è di tutto e di più, in quello che è accaduto ieri a Sala d’Ercole. Dal 1985 – anno in cui chi scrive ha iniziato a seguire le cronache dell’Assemblea regionale siciliana – ad oggi non avevamo mai assistito a una manifestazione così grave di malcostume parlamentare (e forse, come proveremo a raccontare, non soltanto parlamentare, perché i ‘profili’ potrebbero essere di altro genere, alla luce del ‘disegno’ che sta a monte a tutto quello che è avvenuto). Ma andiamo con ordine.

Ieri, ad apertura di seduta, il presidente dell’Ars, Ardizzone, ha comunicato che il testo del disegno di legge approvato dall’Aula la scorsa settimana è stato ‘rivisitato’ dagli uffici dell’Ars a norma del già citato articolo 117 del Regolamento d’Aula.

Per la cronaca, all’articolo 117 del Regolamento dell’Ars si ricorre solo in casi eccezionali, quando una legge approvata dall’Aula presenta grandi incongruenze, frutto di dibattiti e votazioni convulse avvenute in Aula.

Il ricorso a questo articolo del Regolamento non deve, in ogni caso, alterare la volontà del Legislatore.

Invece, ieri, è andato in scena un copione che è sembrato preparato con cura. Cos’è che lo lascia intuire? Semplice: la gestione, molto discutibile, dei lavori d’Aula delle scorse settimane da parte del presidente Ardizzone. Proviamo a raccontare cosa è avvenuto nelle scorse settimane e il legame con quanto avvenuto ieri.

Nel corso di varie sedute d’Aula abbiamo assistito a un Governo che ha riscritto il testo del disegno di legge approvato, in questo caso, dalla Prima Commissione legislativa dell’Ars (Affari istituzionali).

Quando il Governo riscrive il testo di un disegno di legge già in Aula (e quindi già approvato dalla Commissione legislativa di merito), lo stesso testo deve essere inviato alla stessa Commissione che lo deve riesaminare e riapprovare.

Invece, stranamente, in occasione del disegno di legge sulla riforma delle Province, i testi riscritti dal Governo non sono stati rimandati alla Prima Commissione legislativa. Così facendo, il presidente Ardizzone ha mortificato il lavoro fatto dai parlamentari della Commissione legislativa di merito per favorire il testo del Governo. Questa già è una manifestazione di somma scorrettezza.

Di fatto, le continue riscritture del testo di questa legge hanno finito con il creare incongruenze nel testo finale che è molto difficile considerare ‘casuali’. E, in ogni caso, si tratta di confusione creata dal Governo e avallata dalla presidenza dell’Ars.

La confusione nel testo legislativo e le incongruenze – volute dal Governo e dalla presidenza dell’Ars – hanno, di fatto, creato e motivato il ricorso all’articolo 117 del Regolamento: un ricorso che non sembra essere stato dettato da confusione creata dal ‘furore’ di un dibattito parlamentare acceso, ma dalla volontà del Governo e della presidenza dell’Assemblea regionale siciliana di aggirare la volontà del Parlamento siciliano e quindi, indirettamente, la volontà popolare.

Quello che è successo ieri a Sala d’Ercole è semplicemente vergognoso. Un epilogo che non fa onore al Governo e alla presidenza dell’Ars. E che getta uno squarcio di luce sinistra sugli alti burocrati di Sala d’Ercole, pagati 20 mila euro al mese per servire l’Amministrazione – e quindi la collettività – e non certo per mettere in atto questi sporchi giochi parlamentari.

Tra l’altro – e citiamo un solo caso, che desta perplessità, ma ce me sono altri – la riscrittura ha alterato il numero di abitanti che servono per costituire un Consorzio di Comuni: l’Aula ha stabilito 180 mila, la ‘riscrittura’ l’ha riportata a 150 mila: guarda caso, il numero richiesto dal Governo e ‘bocciato’ dall’Aula.

Negli anni passati, per molto meno – con riferimento sempre all’articolo 117 del Regolamento – allorquando si ipotizzava un intervento che modificava, anche lievemente, il testo di una legge, le polemiche si sprecavano. In questo caso, davanti a un testo riscritto dagli uffici dell’Ars – che di fatto si sono sostituiti alla volontà del Parlamento – tutto sta passando sotto silenzio. Tutto questo è grave e dà l’immagine di un parlamento siciliano a sovranità limitata.

Non non siamo giuristi: non sappiamo se in questa legge ci siano passaggi incostituzionali (anche se, a dir la verità, non ci sembra che la Costituzione preveda la sostituzione della volontà del Parlamento con artifizi e raggiri tecnocratico-parlamentari). O se ci siano profili penali (la trama di questa storia, ovvero la reiterata riscrittura dei testi del disegno di legge da parte del Governo, aggirando e mortificando il lavoro di una Commissione legislativa per ‘giustificare’ il ricorso all’articolo 117 del Regolamento lascia presagire scenari molto brutti).

L’unica cosa che sappiamo è che la volontà del Parlamento siciliano è stata alterata. A nostro avviso, il presidente dell’Ars, Ardizzone, si dovrebbe dimettere. In assenza delle sue dignitose dimissioni, dovrebbe essere presentata una mozione di sfiducia. A prescindere dall’esito che avrebbe in Aula, servirebbe a sanzionare un precedente estremamente grave.

Redazione

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